pixel food

Il direttore artistico giapponese Yuni Yoshida ha creato una serie surrealista in cui le collezioni di cibo sembrano essere state pixelate manualmente.

Questa divisione in pixel non è per mascherare l’identità degli alimenti, né per dividerle in particelle colorate per una corretta visualizzazione o memorizzazione in formato digitale. Invece, la sperimentazione organico-cromatica di Yoshida prende spunto dalle forme peculiari degli alimenti e riorganizza i loro colori in cubi, perfetti nella loro ripetitività e dimensione. Alchemy, questo è il nome che Yoshida ha pensato per il suo lavoro, vicino alle correnti surrealiste, che impiega frequentemente oggetti comuni o scenari in situazioni sovversive.

Face Food quando gli chef diventano soggetti d’arte

A partire da venerdì 5 agosto e sino al 5 settembre, a Palazzo Beltrani è visitabile la mostra “Facefood, la Puglia rinasce – diario di un viaggio alla ricerca del buon gusto” nella splendida Corte Davide Santorsola.

Il 10 agosto, alle 18.30, si svolgerà la presentazione alla stampa del libro di Vittorio Cavaliere, Franz Gustrincich e Claudio Auriemma che dà il nome alla mostra.

Facefood è l’idea di mostrare che dietro al buon cibo ci sono grandi persone che lo hanno   coltivato, trasformato e soprattutto cucinato. Una esposizione di 49 fotografie di grande formato, con testi esplicativi. Un viaggio tra alcuni dei personaggi che tengono alto il vessillo dell’enogastronomia pugliese, fotografati da Franz Gustincich e Claudio Auriemma, e raccontati da Vittorio Cavaliere.

Una galleria di ritratti, assolutamente parziale, ma rappresentativa dell’eccellenza che la Puglia ha saputo imporre nel mondo.

Tra questi alcuni protagonisti di ristoranti stellati Michelin come i fratelli Sgarra di Casa Sgarra- Trani(BT), Antonello Magistà de Il Pashà (Conversano), Angelo Sabatelli (Putignano), oppure il maestro panificatore e ambasciatore del gusto Pascal Barbato, i Fratelli Matarrese di Matarrese Impianti, Vitantonio Rozzo del Caseificio Coratino, i fratelli Gentile, i volti del ristorante Cibus di Ceglie Messapica, lo chef Leonardo Vescera e tanti altri.

Facefood, patrocinata dall’assessorato alle culture della città di Trani in collaborazione con L’Associazione Delle Arti, è un’opera tangibile grazie alla generosità degli sponsor – primo fra i quali il gruppo Megamark -, all’ospitalità del Palazzo delle Arti Beltrani, e al lavoro di tante persone oltre agli   autori, che hanno reso possibile il materializzarsi dell’evento.

Anche un libro a raccontare questo straordinario percorso intimo e conoscitivo dell’eccellenza enogastronomica pugliese: “FACEfoodla Puglia rinasce – diario di un viaggio alla ricerca del buon gusto”, edito da Besa editrice, Nardò.

Questa iniziativa, promossa dall’associazione Tummà, ha preso forma sulle esperienze di Vittorio Cavaliere, talent scout, critico gastronomico e profondo conoscitore del mondo del gusto, descritte come in un percorso da nord a sud, alla ricerca delle eccellenze enogastronomiche. Il percorso di Cavaliere è stato fotografato da Franz Gustincich e Claudio Auriemma, dell’agenzia di marketing visivo F&Co, specializzata in enogastronomia.

«Una ghiotta occasione per testimoniare la straordinaria vitalità della ristorazione pugliese e di coloro che i prodotti del territorio, eticamente, li rendono un vanto nazionale» ha dichiarato Vittorio Cavaliere mentre Claudio Auriemma ha ricordato che: «Questo viaggio è atipico, per noi che siamo abituati a fotografare e rendere appetitosi i prodotti, perché lo abbiamo centrato sui ritratti di chi di questi prodotti ne fa arte».

«Il nostro lavoro è trasformare in immagini gli aromi e i sapori, e raccontare il buon cibo – ha aggiunto Franz Gustincich – ma per questa volta abbiamo voluto narrare gli autori della gastronomia e dei sapori pugliesi, coloro che sono dietro al successo enogastronomico della regione».

Supermarket

I supermercati sono essenziali, soprattutto in questo periodo di pandemia ma musei e gallerie?

Non così tanto a quanto sembra. Proprio questa linea di ragionamento di blocco è stata il punto di partenza per la nuova installazione Supermarket del Design Museum, che vede il negozio di souvenir del museo londinese trasformarsi in una cornucopia di delizie essenziali.

Creativity Is Essential At The Design Museum’s Latest Installation
Creativity Is Essential At The Design Museum’s Latest Installation [DRAFT]
Creativity Is Essential At The Design Museum’s Latest Installation [DRAFT]
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Aperto dal 21 al 25 aprile, Supermarket alimenterà la creatività offrendo una gamma di generi alimentari in edizione limitata, mentre il museo stesso dovrà rimanere chiuso almeno fino al 17 maggio. L’installazione è stata finanziata da Bombay Sapphire e progettata dall’artista multidisciplinare Camille Walala, il cui lavoro recente include murales su larga scala a Leyton, Canary Wharf e White City. Il suo stile audace, ispirato a Memphis, rinvigorisce il negozio con tonalità luminose e forme grafiche, che fanno da sfondo gioioso a una gamma di prodotti disegnati da artisti.

“Charlotte Edey, Kentaro Okawara e Joey Yu sono tra i 10 artisti che hanno reinventato i nostri prodotti essenziali preferiti con un nuovo packaging: dal rotolo di carta igienica alla pasta al tè; dai fagioli al detersivo per piatti e al gin”.

Creativity Is Essential At The Design Museum’s Latest Installation
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Questi elementi essenziali in edizione limitata saranno disponibili a prezzi giornalieri (i rotoli di carta igienica di Michaela Yearwood-Dan costeranno solo 50 penny) e tutti i proventi andranno all’Emerging Artists Access Fund del Design Museum, un’iniziativa che garantisce ai giovani artisti e designer l’accesso gratuito al museo.

Dopo che il settore culturale del Regno Unito è stato afflitto da un anno di chiusure cicliche, Supermarket rappresenta una resa dei conti con il ruolo che la creatività gioca nelle nostre vite.

Si prega di notare che il negozio di High Street sarà aperto fino a domenica 25 aprile e

Creativity Is Essential At The Design Museum’s Latest Installation [DRAFT]
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“Questa installazione è un’opportunità per pensare a ciò che compriamo, a chi ci guadagna e a ciò che consideriamo essenziale”, spiega Tim Marlow, direttore del Design Museum. “Non vediamo l’ora di accogliere i visitatori nel nostro museo.”

“Siamo estremamente grati a tutti coloro che hanno sostenuto il museo finora acquistando queste opere d’arte di tutti i giorni online e nell’installazione del negozio SUPERMARKET. Il negozio online ha ora temporaneamente esaurito gli articoli essenziali, ma a breve offriremo stampe in edizione limitata di gli artisti in modo che tu possa ancora goderti la loro creatività e supportare artisti e designer emergenti. Stiamo ancora rifornendo gli scaffali nel nostro SUPERMERCATO, ma le scorte sono estremamente limitate, quindi per garantire che il maggior numero di persone possibile possa godere dell’installazione, limitiamo gli acquisti a due articoli (sebbene tu possa acquistare tanta frutta fresca, verdura e pane come desidera!). Non vediamo l’ora di darvi il benvenuto. ” Josephine Chanter, Direttore del pubblico #CreativityIsEssential

Il supermercato è in mostra al Design Museum fino al 25 aprile, chiuso da lunedì 26 aprile fino alla riapertura del museo martedì 18 maggio..

per info: https://designmuseum.org/supermarket

Omaggio a Olle Bærtling

Il fotografo Philip Karlberg ha omaggiato l’artista svedese Olle Bærtling. con dei coloratissimi scatti. Protagoniste, nature morte dai vivaci accostamenti cromatici

dal sito : https://lorenzelliarte.com/artists/29-olle-baertling/biography/

Olle Bærtling nasce in Svezia, ad Halmstad, il 6 dicembre 1911 e vive a Stoccolma fino al 1928. 
Inizia come artista dilettante, ispirandosi a Matisse e Van Gogh, per poi andare a Parigi nel 1948 dove diventa la pupilla di Andrè Lhote e Fernand Léger. Nel 1947 si sposta in Inghilterra dove dà vita a moltissimi bozzetti di città astratte e nel 1949 espone alla Samlaren Gallery di Stoccolma. Da questo momento Olle Bærtling crea esclusivamente lavori astratti fino a circa il 1950. 
Le similitudini tra le opere di Bærtling e la Op art includono contrasti simultanei e “after-images”. I suoi successivi contatti con Auguste Herbin and Victor Vasarely sono per lui di grandissima importanza. Conosciuto come “il creatore della forma aperta” dal 1954 egli sviluppa un forte e dinamico metodo di lavoro con aree pulite racchiuse da linee diagonali nere; tutte le aree vengono estese ai confini della pittura e sembrano continuare nello spazio (ad esempio Iru del 1958; Stockholm, Mod. Mus.). Nelle sue sculture le diagonali nere vengono trasformate in sottili asticelle che dialogano con lo spazio e il volume (vedasi YZE del 1978; Lidingö, Millesgården). Olle Bærtling collabora inoltre con grandi architetti come David Helldén (1905–90) e il suo linguaggio pittorico così concreto e la sua modalità di colore vengono poi ben applicati nei palazzi di Helldén (come ad esempio nell’ingresso al primo Hötorgshus, Stockholm, 1959–60).
Bærtling infine prende parte a numerose mostre internazionali e tiene la sua prima personale da Lorenzelli Arte nel 1973 e prende parte ad una collettiva nel 1975. 

Olle Bærtling muore il 2 Maggio 1981 a Stoccolma.

cibo-archeologia: Thermopolium di Pompei

Riporto un articolo preso dal sito Fame di Sud. Lo trovate in forma completa all’indirizzo: https://www.famedisud.it/a-pompei-riemerge-unantico-luogo-di-ristoro-con-i-suoi-bellissimi-affreschi/?fbclid=IwAR0WUqm1Yv3VWnHRq8beruOXQqsEUGGYBS2ZrkTZ99KGM9cnlHMM7qITwV0

di Redazione FdS

Pompei: a riemergere, questa volta, è la parte ancora sepolta del Thermopolium della Regio V, una delle numerose rivendite di cibo pronto per il consumo (una sorta di antenato dei nostri fast food) che costellavano la città vesuviana (se ne contano una ottantina). I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano infatti molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa.
 
Scorcio del thermopolium della V Regio, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Scorcio del thermopolium della V Regio, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Lo scavo del thermopolium della Regio V è iniziato nel 2019 ma finalmente l’ambiente è riaffiorato per intero con altre ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione. Un ennesimo “fermo immagine” della città sepolta. A colpire è soprattutto la lucentezza dei colori che, al netto delle lacune provocate dal tempo, ci parlano del gusto per l’immagine evocativa così caro agli antichi al punto da caratterizzare pressoché ogni tipo di spazio.
 
La presunta insegna del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

La presunta insegna del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

L’impianto commerciale era stato indagato solo in parte durante gli interventi del Grande Progetto Pompei, ma considerate l’eccezionalità delle decorazioni (era già emersa l’immagine della Nereide su ippocampo e delfini che decora il fronte del banco di vendita e l’illustrazione della bottega stessa alla stregua di un’insegna commerciale) e al fine restituire la completa configurazione del locale, ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, si è deciso estendere il progetto e di portare a termine lo scavo dell’intero ambiente.

 Di fronte al termopolio, nella piazzetta antistante, erano già emerse una cisterna, una fontana, e una torre piezometrica (per la distribuzione dell’acqua), dislocate a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento.
 
Affresco del bancone con  Nereide su ippocampo con delfini - Ph. © Luigi Spina

Affresco del bancone con Nereide su ippocampo con delfini, Thermopolium Regio V, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Le decorazioni del bancone si sono dunque arricchite di altre immagini, come quelle presenti sull’ultimo braccio di bancone portato alla luce: scene di nature morte e rappresentazioni di animali, probabilmente macellati e venduti nel locale.
 
Natura morta con anatre germane, thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Natura morta con anatre germane, thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Frammenti ossei, pertinenti gli stessi animali, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone contenenti cibi destinati alla vendita.
 
Particolare del gallo raffigurato sul bancone del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Particolare del gallo raffigurato sul bancone del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina
 
Part. del cane e dell'iscrizione sbeffeggiante - Ph. © Luigi Spina

Part. del cane e dell’iscrizione di scherno – Ph. © Luigi Spina

Nel termopolio è stato inoltre rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio).
 
Alcune delle anfore ritrovate nel thermopolium - Ph. © Luigi Spina

Alcune delle anfore ritrovate nel thermopolium – Ph. © Luigi Spina

“Oltre a trattarsi di una ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei – dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale ad interim del Parco archeologico di Pompei -, le possibilità di analisi di questo termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un simile ambiente per intero ed è stato possibile condurre tutte le analisi che le tecnologie odierne consentono. I materiali rinvenuti sono stati, infatti, scavati e studiati sotto ogni aspetto da un team interdisciplinare composto da: antropologo, fisico, archeologo, archeobotanico, archeozoologo, geologo, vulcanologo. I materiali saranno ulteriormente analizzati in laboratorio e in particolari i resti rinvenuti nei dolia (contenitori in terracotta) del bancone, rappresenteranno dei dati eccezionali per capire cosa veniva venduto e quale era la dieta alimentare”.
 
Il bancone del thermopolium, Pomepi - Ph. © Luigi Spina

Scorcio d’insieme del bancone del thermopolium, Pomepi – Ph. © Luigi Spina

PRIMI ESITI DELLE ANALISI DEI REPERTI

Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le
bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio: un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze. D’altro canto, le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie, probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone. Sul fondo di un dolio – identificato come contenitore da vino sulla base della bottiglia per attingere rinvenuta al suo interno – è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinate. Apicio nel suo De re Coquinaria (I,5) ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo.
 
I dolia incassati nel bancone del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

I dolia incassati nel bancone del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

 
Il gallo, thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Affresco col gallo, thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina


 

“Destroyer”

da: http://www.huffingtonpost.it

 

“Destroyer” è il progetto dell’artista d’origine spagnola Mar Cuervo  Una serie di Gif animate in cui cupcake, torte, budini e dolci dalle forme impeccabili vengono letteralmente distrutti dalla mano di una donna: destroyer, appunto. Non riuscire a smettere di guardare qualcuno annientare dolcetti morbidi e colorati può sembrare strano e bizzarro, ma l’aspetto più interessante da analizzare è tutto dietro questo suo effetto ipnotico per risvegliare i nostri desideri.

L’autrice spiega infatti che, attraverso queste immagini animate, ha voluto dare voce alla rabbia, un sentimento che troppo spesso si è costretti a nascondere o ad opprimere. La rabbia, secondo l’artista, non è sempre un sentimento negativo e spesso tirarla fuori può essere l’unico modo per cambiare davvero le cose.

“La serie è iniziata come una sorta di rituale – spiega Mar Cuervo sul suo sito – una collezione che ho deciso di chiamare ‘oggetti commestibili’. Hanno catturato la mia attenzione per la loro morbidezza e fragilità, mentre urlavano di essere distrutti. Così ho usato tutta la mia rabbia contro questa società, impaurita dal potere della rabbia e ossessionata dalla perfezione”.

Il risultato è una sequenza di immagini che, a guardarle, fan venire la voglia di schiacciare qualcosa tra le mani, come se un antistress attraversasse il nostro schermo. Un nuovo modello di pop art semplicemente irresistibile. E la rabbia non è mai stata così dolce.

  • marcuervo.com/destroyer
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  • marcuervo.com/destroyer
  • marcuervo.com/destroyer
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pane quotidiano

In questa divertente serie di  ricami, l’artista Slovacca Terézia Krná  combina insieme il cibo e l’opera tessile in una realizzazione chiamata Pane Quotidiano. Il lavoro si compone di una fetta di pane per ogni giorno della settimana ricamata con n un disegno diverso. La settima fetta, rimanente e non toccata, è chiaramente in onore del sabbath.

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Via al contest #TavolediClasseHp

dal sito: http: http://www.huffingtonpost.it/2016/01/11/tavole-di-classe-mostra-r_n_8956554.html?utm_hp_ref=italia-fotografia

Un tango fotografico intorno all’importanza sociale della cucina in Italia. Tavole di classe, il progetto di Massimo Siragusa e Annette Schreyer ospitato da Officine fotografiche a Roma, dal 20 gennaio al 12 febbario 2016, è anche questo. Compagni da 16 anni, i due fotografi raccontano con narrative complementari i diversi aspetti della tavola: collettiva o familiare, vuota o abitata, comune o élitaria.

Annette, amante dei ritratti, ha riambientato in chiave contemporanea alcuni quadri classici della storia dell’arte incentrati sul tema del cibo. Scene di piccole comunità racchiuse in visioni raffinate. Il lavoro di Massimo si concentra invece sulla socialità collettiva delle mense: da quelle aziendali a quelle militari, dal Cern al convento di Assisi. Tutte immortalate vuote: “Quella di lasciare al centro delle foto gli spazi e non le persone è una mia scelta – spiega ad HuffPost Siragusa – perché credo che un luogo, la disposizione delle sedie o lo stato dell’intonaco ad esempio, possa dire tutto sul tipo di persona che lo abita. La visione della struttura vuota basta per sentire l’atmosfera che vi si respira”.

Il titolo del progetto, Tavole di classe, evoca sia il concetto di qualità della tavola che le differenze di classi sociali che Siragusa e Schreyer hanno ritratto nei loro scatti. “La duplice fruizione ci sembrava interessante, un modo un po’ ambiguo di leggere la mostra – spiega il fotografo – le differenze sociali emergono attraverso un percorso legato al cibo, fondamentale nella nostra cultura“.

In occasione della mostra HuffPost Italia lancia un contest su Instagram con l’hashtag #TavolediClasseHp. Tutti sono invitati a partecipare per raccontare la loro idea di tavola enfatizzando due aspetti – su indicazione di Siragusa – l’intimità e la particolarità. “Se dovessi immaginare delle foto da aggiungere al nostro lavoro, vorrei che ritraessero una tavola estremamente intima: la colazione di una giovane coppia entusiasta, magari appena sbocciata, di un single. Ma anche la tavola da pranzo di una famiglia poco numerosa, di una nonna. Lancerei l’idea di guardare all’interno della propria situazione per cercare di riportarla nella sua unicità”. Le indicazioni le avete avute: c’è tempo fino al 5 febbraio per partecipare. Gli scatti migliori, oltre a essere ripostati lungo il corso del contest sul nostro account ufficiale, saranno video-proiettati negli ultimi giorni della mostra (10-12 febbraio) nella sede di Officine fotografiche.

  • Annette Schreyer
  • Annette Schreyer
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  • Massimo Siragusa
  • Massimo Siragusa
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