Intrecci lignei

Con un design intelligente, abilità artigianali locali di base e un atteggiamento sperimentale flessibile, anche lo spazio più ordinario come un magazzino può diventare un ambiente di vendita accattivante.
Questo concetto è stato recentemente dimostrato nel Yuntai Ice Chrysanthemum Industry Park a Houyanmen Village a Huanfeng Town, dove LUO Studio con sede a Pechino http://www.luostudio.cn trasformato un ordinario magazzino di con telaio in acciaio in un affascinante spazio espositivo creando un delicato intreccio di legni e cavi, una sorta di infrastruttura nella struttura principale.

Lo scopo di questo specifico edificio è quello di fungere da area espositiva e showroom per i famosi prodotti Ice Chrysanthemum della regione che hanno una moltitudine di usi medicinali e cosmetici. I canali di vendita di questi prodotti da questo spazio includono gruppi turistici ospitati, marketing in franchising e livestreaming.

Quando la pandemia ha interrotto l’afflusso di gruppi turistici e le piantagioni di crisantemi di ghiaccio nel villaggio hanno subito una grave diminuzione della produzione a causa delle recenti inondazioni c’è stata la necessità di creare un nuovo spazio per contribuire a incrementare le vendite, ma anche farlo con costi minimi.

I progettisti e gli istruttori di costruzione Luo Yujie, Wang Beilei, Huang Shangwan, Zhang Chen di LUO Studio hanno lavorato con la gente del posto per creare lo spazio espositivo di 602 metri quadrati (6.480 piedi quadrati) con tutto questo in mente. La risposta sono stati materiali locali a prezzi accessibili e tecniche semplici che non richiedevano attrezzature speciali o competenze specialistiche. LUO Studio ha scelto pannelli di legno sottili con un alto tasso di recupero del legname prodotto da una fabbrica di legname locale come materiale da costruzione principale. I pannelli possono essere assemblati a mano e facilmente riposizionati e riutilizzati.

La sperimentazione in loco ha aiutato i progettisti e i lavoratori locali ad arrivare alle migliori soluzioni soprattutto in termini di piegatura del legno in una forma ottimale e sicura.

Il risultato è un’area espositiva delicata e dall’aspetto organico, completamente locale, che nasconde abilmente l’indecente capannone industriale.

Da silo a casa

Stella van Beers è una giovane designer da poco laureata all’Accademia di Design di Eindhoven, nei Paesi Bassi. Stella van Beers ha da poco ultimato i suo progetto personale di convertire un silo di grano in una micro casa.  

La sua idea nasce dalla grande quantità di silo non utilizzati presente nei Paesi Bassi e sulla difficoltà di smaltimento di queste strutture che spesso vengono semplicemente abbandonate al logorio del tempo. La dimensione e la forma di un silo non è certo quella più convenzionale per realizzare un’abitazione, ed è proprio questa la sfida che la van Beers si propone di vincere.

Un silo standard ha un’altezza di 7 metri del silo e l’accesso all’interno di esso è stato il primo ostacolo da superare. Per arrivare all’entrata è stata quindi costruita una scala a chiocciola e un ponte che diventa uno spazio che unisce esterno e interno. L’interno del silo è stato suddiviso in due piani, uno inferiore dedicato alla zona giorno e uno superiore, raggiungibile attraverso una piccola scala, che è interamente occupata da un materasso.
Per entrambi i piani, Stella van Beers ha dovuto ricavare anche delle finestre, sia per il riciclo dell’aria sia per sfruttare la luce naturale.

Il Silo Living, a detta della progettista è una soluzione abitativa per piccole gite e per chi è in cerca di un luogo dove sostare per poche ore a riposarsi, ma senza rinunciare al contatto con la natura. 

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l’architettura degli scarti

Il problema dei rifiuti che invadono le nostre città è ormai una notizia costante sui telegiornali o nelle cronache locali. I rifiuti,  se visti da un’angolazione diversa possono però anche diventate un interessante terreno di sperimentazione e creatività, oltre a dimostrare che si può avere rispetto per l’ambiente a costo quasi zero.

alcuni esempi di come l’utilizzo degli scarti possa dare luogo a spazi interessanti e creativi:

Casa de Botellas

La Casa è un’associazione che nasce nel 2000 in Bolivia grazie all’intraprendenza di un ex avvocato, Ingrid Vaca Diez. Il progetto si basa sul riutilizzo di materie prime di “scarto” per consentire anche a chi è più disagiato, di costruire una bella casa con il minimo impiego di risorse. I materiali utilizzati nella Casa de Botellas, infatti, sono molto semplici, oltre alle bottiglie di plastica o di vetro, vengono usate anche scatole di Tetra Pack impastate con polvere di latte scaduto, olio di semi di lino, letame di vacca e vari composti argillosi o sabbiosi. Una struttura reticolare viene usata per tenere insieme le bottiglie e gli impasti e facilmente si trovano anche materiali di scarto, come le gomme dei pneumatici per foderare i pavimenti. Il risultato  sono piccoli alloggi colorati e vivaci che raggiungono due obbiettivi: ripulire la zona dagli scarti di plastica  e fornire delle abitazioni a chi ne avesse bisogno. Il progetto  portato avanti da  Ingrid Vaca Diez, ha dei principi molto precisi: autosufficienza ed ecologia in primis, ma anche con un’attenzione per il sociale e con velleità culturali e turistiche. E’ stato stimato che per una casa di circa 170 metri quadri, occorrono circa 36.000 bottiglie.

 

Bat-yam Cans Pavilion

 

Questo padiglione di lattine è stato realizzato in occasione della  Bat-yam International: Biennale di urbanistica del paesaggio in Israele. Il progetto prende anch’esso spunto dal “recupero degli scarti”, ma declinandolo allo spazio urbano, combinando assieme ospitalità e spazio pubblico. Il progetto è stato realizzato promuovendo la partecipazione di residenti (per il reperimento del materiale) e visitatori alla formazione del loro ambiente, lasciando così il loro segno e la loro presenza sullo spazio. il luogo scelto è un luogo in “attesa” in cui il comune ha piantato un boschetto di palme, ma che non ha ancora una destinazione ben precisa.I progettisti hanno scelto di utilizzare le lattine come mattoni da costruzione così da promuovere, in un certo senso, la conservazione della città utilizzando un materiale domestico familiare in un nuovo contesto.
altri esempi di architettura degli scarti

Ma recupero degli scarti è anche design e arredo:

Hubba, spazio alla creatività

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Hubba è  uno spazio di  co-working , situato nel centro commerciale di Habbito in una zona residenziale di Ornnuch, Bangkok. Lo spazio di 989 metri quadrati (10.645 sq. ft.) è anche il più grande ambiente di co-working in tutta l’Asia sud-orientale. Habbito è un enorme centro commerciale, il primo del suo genere, che insieme a Hubba Thailandia ha deciso di progettare spazi condivisi non solo per lavoro, ma per il ristoro di tutti gli artisti e i creativi che lo frequentano.

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Ci sono sette laboratori artigianali completamente attrezzati tra cui una camera oscura per la fotografia, una camera per stilisti di moda, una camera per i lavori in  ceramica, una sala per la lavorazione del legno, una sala per cinema e fotografia, nonché spazi per lezioni, seminari e proiezioni, una ampia zona ristoro-bar e uno spazio completamente attrezzato con strumenti digitali come macchine a taglio laser e stampanti 3D.

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Lo spazio è aperto per 24 ore al giorno e l’obiettivo di sviluppatori e partner è di creare un vero e proprio hub creativo e per promuovere lo sviluppo della progettazione creativa in Thailandia.

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Il design dell’intero Hubba è stata affidato a Supermachine  uno studio di Bangkok

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Responsabile del team di Supermachine, l’ architetto Yupadee Suvisith, con Pitupong Chaowakul, ha creato un ambiente coerente utilizzando alcune idee semplici: invece di nascondere i tubi degli impianti, i progettisti li hanno sottolineati con un luminoso turchese.; unendo così insieme forma, funzionalità e colore.

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Fotografia: Wison Tungthunya

Bulka Bakery

Il Bulka Bakery, panificio, ristorante, bar per una pausa veloce presso Gorky Park a Mosca, accoglie il visitatore in un ambiente luminoso, caldo e industriale al tempo stesso. Una serra. oppure una casa per l’estate in cui dominano il paesaggio esterno e il bianco delle pareti metalliche, il verde delle molte piante d’appartamento e il calore di legni.
Bulka Gorky Park
Progettato da Crosby Studios, l’ambiente si presenta dunque ricco di contraddizioni e spunti interessanti: dalla grafica essenziale e un po’ retrò all’uso di espositori da fruttivendolo o da supermercato per esporre le molte piante (alcune delle quali crescono lungo gli argini cella Moscova).
Bulka Bakery Gorky Park
Bulka Bakery Gorky Park
Bulka Bakery Gorky Park
Esterno e interno si confondono, riverberandosi l’uno nell’altro: un tentativo come un altro per combattere la tristezza stagionale della città. 
Bulka Bakery Gorky Park
Bulka Gorky Park
Bulka Bakery Gorky Park
Bulka Bakery Gorky Park
 

Pablo & Rusty’s di Giant Design

Pablo & Rusty’s di Giant Design, nel centro di Sydney, è un grande locale ricostruito all’interno di un capannone industriale, e del capannone industriale fronte mare mantiene una serie di stilemi.

Soffitti alti, parzialmente controsoffittati con doghe in legno,  panche, anch’esse in legno, candelieri e pareti con mattoni a vista; danno a questo spazio un tocco di calore e intimità e, al contempo un pizzico di glam cittadino, nonostante le grandi dimensioni degli ambienti.

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Il risultato è uno spazio vibrante e vario.

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da un’interista ai designer:

_Qual è stata l’ispirazione per questo progetto?

Il progetto ha origini di esso in un piccolo sito che è stato completato per il cliente nel 2011, a Sydney Lane Cove.  Il più grande sito della città ci ha permesso di veramente rimpolpare le idee, portando in luce alcuni aspetti e amplificandoli.

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_Le cose preferite di questo progetto?
Lo spazio che irradia calore; i toni del legno, i  mattoni, le luci, gli arredi; fare in modo che tutto lo spazio appaia più morbido di ciò che ci si aspetterebbe da questi materiali, . La cosa preferita in assoluto sono le luci pendenti in ottone. Delle casse di latta non hanno mai avuto tanta personalità

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_L’ Aspetto più impegnativo?
Si trova all’interno di un nuovo sviluppo della città, che era ancora in costruzione quando abbiamo iniziato a pianificare il sito di progetto. Senza uno spazio definito in cui localizzare il progetto, era molto difficile prevedere lo sviluppo futuro che avrebbe avuto l’immagine finale.
Quando siamo finalmente arrivati sul sito c’erano servizi, paratie e dettagli di vetri che si scontravano con elementi di design e segnaletica. Questo ci ha costretti a sviluppare soluzioni ad hoc.
 A volte i compromessi devono essere fatti e, a volta questi compromessi portano a risultati che vanno ben oltre le aspettative.
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Herzog & de Meuron, Slow Food Pavilion

da:http://www.domusweb.it/content/domusweb/it/notizie/2015/02/14/padiglione_slow_food.html

“Dopo aver rinunciato a proseguire nell’attuazione dei concetti e realizzazione fisica del masterplan per Expo Milano 2015, non ci saremmo mai aspettati di essere nuovamente coinvolti nel sito di Expo con un progetto concreto.

Per quanto fossimo convinti che il nostro masterplan sarebbe stata una piattaforma adeguata per una radicale reinvenzione del significato di Esposizione Universale per il XXI secolo, capimmo che gli organizzatori non avrebbero intrapreso i passi necessari per convincere le nazioni partecipanti a rinunciare a una convenzionale auto-celebrazione, per concentrarsi sul loro contributo specifico all’agricoltura e alla produzione alimentare.

Herzog & de Meuron, Slow Food Pavilion, Expo Milano 2015

Eravamo inoltre a conoscenza della reticenza di Carlo Petrini a partecipare a una manifestazione che avrebbe dato più visibilità alle grandi compagnie agro-alimentari piuttosto che al suo movimento Slow Food. Ciononostante Carlo Petrini è stato, sin dagli inizi, una delle figure più affascinanti e interessanti coinvolte nelle fasi iniziali della pianificazione e la sua presenza è stata uno dei motivi della nostra partecipazione. Il suo approccio intellettuale e radicale ai temi della biodiversità e della produzione alimentare è stato l’ispirazione principale per il nostro masterplan, che sarebbe servito da modello per i padiglioni nazionali, gli spazi pubblici e le altre aree dell’Expo.

Nel 2011 abbiamo smesso di lavorare al progetto per tornare inaspettatamente nel 2014 su invito degli organizzatori e dopo una telefonata di Carlo Petrini, in cui spiegava i motivi per cui aveva accettato di presentare Slow Food con un padiglione speciale in una posizione molto interessante all’interno del masterplan. Abbiamo infatti sempre considerato quel sito, un’area triangolare all’estremità orientale del Boulevard, ben posizionato e destinato a diventare uno dei principali forum pubblici nel nostro concetto di masterplan.

Il padiglione dovrebbe consentire ai visitatori di scoprire l’importanza della biodiversità agricola e alimentare, di esplorare la varietà dei prodotti protagonisti della biodiversità e di prendere coscienza della necessità di adottare nuove abitudini di consumo.

Herzog & de Meuron, Slow Food Pavilion, Expo Milano 2015

La nostra proposta architettonica ed espositiva si basa su un layout semplice, composto di tavoli che creano un’atmosfera di convivio e di mercato. I visitatori hanno la possibilità di avvicinarsi alla biodiversità guardando documenti audiovisuali e attraverso la lettura di testi chiave relativi alle nostre abitudini di consumo e il loro impatto sul pianeta. Possono inoltre incontrare e discutere con rappresentanti dell’agricoltura sostenibile e della produzione alimentare locale avvicinandosi alla ricchezza della biodiversità agricola e alimentare.

Abbiamo progettato tre case, strutture in legno arcaiche e quasi primitive che definiscono lo spazio triangolare di una corte interna o un mercato. Queste case sono edifici lunghi e sottili che ricordano le strutture agricole tipiche della Lombardia: le Cascine.

Dopo l’Expo e nell’ambito dell’iniziativa Slow Food intitolata “Orto in condotta”, un programma scolastico nazionale per l’educazione alimentare e ambientale, queste strutture verranno smontate e riassemblate come capanne da giardino negli orti delle scuole di tutta Italia.” Herzog & de Meuron, 2014

Padiglione Slow Food, Expo Milano 2015
Architetti: Herzog & de Meuron
Partners: Jacques Herzog, Pierre de Meuron, Andreas Fries (Partner inCharge)
Team di progetto: Liliana Amorim Rocha (Project Manager), Alessia Catellani, María Ángeles Lerín Ruesca, Mateo Mori Meana, Marco Uliana
Area: 1.188 mq
Completamento: 2015

Casa Cavia Buenos Aires

Per festeggiare sette anni con voi ecco un  nuovo progetto.
La Casa Cavia recentemente aperta nel quartiere di Palermo Chico di Buenos Aires è un’incantevole fusione di attrazioni, suoni, sapori ed epoche. Un interessante assemblaggio di ristorante, casa editrice, libreria, negozio di fiori e profumeria, Casa Cavia è ospitato in quella che era conosciuta come residenza Bollini Roca, progettata nel 1920 come dono personale alla moglie del proprietario dall’architetto e artista Alejandro Christophersen. I fondatori e creatori del concept di Casa Cavia, Guadalupe Garcia Mosqueda  e Ana Mosqueda hanno contattato al team di architetti  KallosTurin con lo scopo di ripristinare e trasformare la residenza in un moderno centro culturale pur conservando l’essenza dell’edificio storico.
 
Gli architetti hanno mantenuto le proporzioni delle stanza integrando ai numerosi dettagli originali  elementi dal gusto contemporaneo. Le palette dei materiali comprendono: marmo bianco e verde, ottone, specchi antichi, cuoio e pavimentazione del terrazzo tutte ispirate alle caffetterie della città tra il 1920 e il 1930.
I libri sono gli ulteriori protagonisti di questo interessantissimo caffè; molto belli quelli volanti appesi nell’ala del palazzo dedicato all’editoria. Il cortile interno è molto arioso, uno spazio di pausa all’interno di una città sempre schiava di centri commerciali e palazzine.
Guadalupe Garcia Mosqueda ha disegnato uno spazio concettuale oltre che reale, una  funzionale fusione di  attività e offerte,che si propone di mostrare il meglio di Buenos Aires, favorendo, architettura, gastronomia, design, letteratura e arte oltre che di riqualificare un edificio storico della città.

 

soy souce shop by Kengo Kuma

Le enormi botti di legno tradizionalmente utilizzate per la realizzazione della salsa di soia sono sospese sopra le teste dei clienti in questo negozio progettato da Kengo Kuma e soci per un produttore di salsa a Nihonbashi, Tokyo.
Progettato all’interno dell’originale magazzino del marchio Kyushu, lo studio condotto dall’architetto giapponese prevede l’utilizzo di grandi botti in legno di cedro realizzate da artigiani locali in grado di contenere grandi quantità di liquido.
Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma
“Progettazione orientata alla Comunità è uno dei nostri obiettivi, e in questo negozio si può sperimentare la varietà l’abilità e la forza dei produttori giapponesi,” ha spiegato il team di progettazione.

Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma

Melari in legno conosciute come koji buta un vassoio di legno speciale, con un  design altamente funzionale e sofisticato – in genere utilizzate per contenere il malto di riso, (uno degli ingredienti in salsa di soia) sono impilati uno sopra l’altro, formando gli espositori. I clienti possono tirare fuori alcune sezioni delle vaschette come fossero cassetti, rivelando bottiglie speciali riposte sotto.

Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma

Un tavolo lungo in legno si trova al centro dello spazio, schermato da pareti divisorie in vetro, e apparecchi di illuminazione interna aiutano a illuminare le bottiglie visualizzate sulla parte superiore. Scaffali in legno riempiti di una vasta qualità di prodotti si affiancano ad ulteriori riquadri di vetro intorno allo spazio perimetrale.

Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma

Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma

Kayanoya soy sauce warehouse by Kengo Kuma

 

 

 

Bosco Verticale

Il Bosco Verticale, l’ imponente progetto di riqualificazione urbana ideato da Stefano Boeri, è un sistema che ottimizza,  recupera e produce energia; un progetto di riforestazione metropolitana  (metrobosco o bosco urbano) che contribuisce alla rigenerazione dell’ambiente e della biodiversità urbana senza implicare l’espansione della città sul territorio.

Il metrobosco e il bosco verticale sono due strumenti per la sopravvivenza ambientale nelle città dell’Europa contemporanea  (Milano è una delle città più inquinate d’Europa). Insieme creano due modi di costruire collegamenti tra natura e città all’interno del territorio.

Coperte totalmente da piante, le pareti fungono al contempo da filtro per le le particelle di polvere contenute nell’ ambiente urbano e da elemento regolatore del microclima producendo  ossigeno e umidità, assorbendo CO2 e proteggendo  l’edificio da inquinamento e  radiazioni e acustiche.

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Questo non solo migliora la qualità degli spazi abitativi, ma dà modo  di risparmio energetico drammatica durante tutto l’anno.

Ogni appartamento in costruzione avrà un balcone con  alberi che sono in grado di adattarsi alle condizioni meteorologiche della  città — ombra  e  filtro  dell’inquinamento in estate, di città; luce solare in inverno.

L’impianto di irrigazione è realizzato attraverso il filtraggio e il riutilizzo delle acque grigie mentre impianti eolici e solari forniscono energia all’edificio rendendolo di fatto autosufficiente.

Il progetto di Bosco Verticale è una rispostasia alla proliferazione urbanache alla scomparsa della natura dalle nostre  vite e nelle periferie.