plastic free

Le foglie di banana come imballaggio può sembrare strano per molti, ma non per Thai Supermarket e Rimping Supermarket situati a Chiangmai, in Thailandia. Queste realtà illuminate, scelgono così di fare la differenza nell’uso eccessivo della plastica nel mondo.

I dipendenti del settore frutta e verdura del supermercato, avvolgono le foglie di banana attorno alla frutta o alla verdura legandole con un nastro, quindi incollano un adesivo sulla foglia che mostra il codice e il prezzo del frutto o della verdura e un altro che informa che tutti i prodotti sono coltivati senza l’uso di pesticidi.

Sorprendentemente, gli alberi di banana possono anche crescere in climi più freddi dove ci sono temperature gelide, quindi è possibile che i mercati non in aree tropicali potrebbero anche utilizzare questa soluzione.

Luppoleti Aperti – Hopera – Roseto degli Abruzzi

l luppoleto Hopera si trova a poca distanza dall’uscita A14 di Roseto degli Abruzzi. La posizione è stata scelta per seguire il normale habitat della pianta , infatti esso sorge nelle vicinanze di quello che precedentemente era un lago artificiale usato per l’irrigazione. Il terreno è in leggero-medio declivio, dotato di irrigazioni e pali fuori terra di 7 mt. Nella realizzazione dell’impianto sono stati usati piu’ di 6000 metri di cavo d’acciaio, 2500 mt di irrigazione, 190 pali , 80 tiranti di varia natura e piu’ di 400 morsetti.

Le tipologie adesso disponibili sono Cascade a Chinook.

A parte l’impianto in sé, visitabile su appuntamento, la parte più particolare e interessante dell’impianto è data dai macchinari usati per la raccolta e l’essiccazione del luppolo. Infatti, sebbene in natura il luppolo sia una pianta infestante, una volta raccolta ha un tempo di deperimento molto rapido se non viene trattata nel minor tempo possibile, specialmente alle nostre latitudini. Caldo, temperature elevate e l’esposizione al sole devono essere evitate una volta raccolta la pianta, provvedendo alla separazione dei coni e alla successiva essiccatura nel più breve tempo possibile.  Immediatamente al termine di ogni ciclo di raccolta i bins con i luppoli sono già pronti per entrare in camera di essiccazione dove rimangono mediamente 6 ore.  Successivamente ad entrambi i cicli seguono un breve periodo di riposo per riportare i coni alla temperatura ambiente e infine si prosegue con lo stoccaggio.

Sabato 9 e Domenica 10 luglio, dalle ore 16 fino a tarda sera, l’azienda agricola apre le sue porte: si potrà visitare il luppoleto e rinfrescarsi corpo e mente con birra, cibo e musica.

L’ azienda agricola HoperaHopposti offrirà agli interessati al turismo enogastronomico, la possibilità di fare una passeggiata lungo i filari di uno dei luppoleti più grandi D’Europa conoscere questa pianta speciale, le sue caratteristiche, la sua lavorazione, la trasformazione ed i suoi usi.

i filari

L’azienda Hopera nasce grazie ad un progetto sviluppato intorno ad un primo insediamento agricolo, è un’azianda giovane con molta voglia di sperimentare e fornire al mercato prodotti nuovi.

“Cerchiamo il piu’possibile di produrre utilizzando i nostri prodotti coprendo il settore food/beverage con quello che noi definiamo Hopy food. Il nostro obiettivo e’ potervi fornire prodotti biologici e coltivati nel modo migliore possibile, cercando di differenziare i prodotti forniti”. Hanno affermato i proprietari e gestori dell’azienda.

Intrecci lignei

Con un design intelligente, abilità artigianali locali di base e un atteggiamento sperimentale flessibile, anche lo spazio più ordinario come un magazzino può diventare un ambiente di vendita accattivante.
Questo concetto è stato recentemente dimostrato nel Yuntai Ice Chrysanthemum Industry Park a Houyanmen Village a Huanfeng Town, dove LUO Studio con sede a Pechino http://www.luostudio.cn trasformato un ordinario magazzino di con telaio in acciaio in un affascinante spazio espositivo creando un delicato intreccio di legni e cavi, una sorta di infrastruttura nella struttura principale.

Lo scopo di questo specifico edificio è quello di fungere da area espositiva e showroom per i famosi prodotti Ice Chrysanthemum della regione che hanno una moltitudine di usi medicinali e cosmetici. I canali di vendita di questi prodotti da questo spazio includono gruppi turistici ospitati, marketing in franchising e livestreaming.

Quando la pandemia ha interrotto l’afflusso di gruppi turistici e le piantagioni di crisantemi di ghiaccio nel villaggio hanno subito una grave diminuzione della produzione a causa delle recenti inondazioni c’è stata la necessità di creare un nuovo spazio per contribuire a incrementare le vendite, ma anche farlo con costi minimi.

I progettisti e gli istruttori di costruzione Luo Yujie, Wang Beilei, Huang Shangwan, Zhang Chen di LUO Studio hanno lavorato con la gente del posto per creare lo spazio espositivo di 602 metri quadrati (6.480 piedi quadrati) con tutto questo in mente. La risposta sono stati materiali locali a prezzi accessibili e tecniche semplici che non richiedevano attrezzature speciali o competenze specialistiche. LUO Studio ha scelto pannelli di legno sottili con un alto tasso di recupero del legname prodotto da una fabbrica di legname locale come materiale da costruzione principale. I pannelli possono essere assemblati a mano e facilmente riposizionati e riutilizzati.

La sperimentazione in loco ha aiutato i progettisti e i lavoratori locali ad arrivare alle migliori soluzioni soprattutto in termini di piegatura del legno in una forma ottimale e sicura.

Il risultato è un’area espositiva delicata e dall’aspetto organico, completamente locale, che nasconde abilmente l’indecente capannone industriale.

Vigna di Leonardo a Milano

Una storia dimenticata lega Leonardo da Vinci alla città di Milano: la storia di una vigna. La vigna che nel 1498 Ludovico il Moro, duca di Milano, regalò a Leonardo e intorno alla quale corrono leggende che coinvolgono il genio, le sue opere, i suoi seguaci; la vigna che rinasce oggi, finalmente, nel rispetto dei filari e del vitigno originari. La Vigna di Leonardo da Vinci rinasce con Expo 2015, per volontà della Fondazione Portaluppi e degli attuali proprietari di Casa degli Atellani, grazie al contributo decisivo dell’Università degli Studi di Milano. Nel 2007 sono partite le ricerche condotte dalla genetista Serena Imazio e dal professor Attilio Scienza, massimo esperto del DNA della vite, mediante scavo manuale, dei residui biologici vivi della Vigna Originale all’interno del giardino di Casa degli Atellani: ricerche che hanno portato al reimpianto della Malvasia di Candia Aromatica (la vite di Leonardo). Il 12 settembre 2018, per la prima volta, l’uva de La Vigna di Leonardo è stata vendemmiata dando vita al vino più unico al mondo: La Malvasia di Milano, Anno I.

STORIA

Dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico, Leonardo da Vinci arriva a Milano, alla corte di Ludovico Maria Sforza detto il Moro, nel 1482. All’epoca, lui e Ludovico hanno entrambi 30 anni. Nel 1495 Ludovico gli assegna l’incarico di dipingere l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. Nel 1498 Ludovico concede a Leonardo la proprietà di una vigna di circa 16 pertiche.

“Immaginiamo Leonardo, al tramonto di una giornata di lavoro, mentre lascia il cantiere del Cenacolo, attraversa il Borgo delle Grazie e Casa degli Atellani, e raggiunge la sua amata vigna. Nell’aprile del 1500 le truppe del re di Francia sconfiggono e imprigionano il Moro e anche Leonardo lascia Milano, non senza aver prima affittato la vigna al padre del suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Leonardo non smetterà mai di occuparsi della sua vigna: la riconquisterà quando i Francesi gliela confischeranno e in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte a un servitore e un’altra parte proprio al Salaì.”

dal sito : https://www.vignadileonardo.com/it/storia

San Francesco della Vigna – Venezia

San Francesco della Vigna rappresenta il vigneto urbano più antico di Venezia. Nel complesso di San Francesco della Vigna vi sono tre chiostri, due sono adibiti a orto e vigneto, nel terzo viene invece raccolta l’acqua piovana, usata poi per irrigare i vigneti. Oggi il vino prodotto dalla vigna si chiama Harmonia Mundi. Il ricavato delle bottiglie vendute (circa un migliaio) viene utilizzato per finanziare le borse di studio per gli studenti dell’Istituto di Studi ecumenici della facoltà di Teologia presente nel complesso. Il vino che verrà prodotto a partire dall’annata 2019 sarà a marchio Santa Margherita. Il lavoro in vigneto dei frati verrà seguito e coordinato dai tecnici di Santa Margherita, per arrivare a una gestione ottimale e a un’eccellente vendemmia. Santa Margherita si è inoltre assunta il compito di supervisionare il completo restauro della Cappella di San Marco, sempre all’interno del complesso. La Cappella versa infatti in stato di quasi abbandono e l’ultimo restauro risale al 1885.

cibo-archeologia: Thermopolium di Pompei

Riporto un articolo preso dal sito Fame di Sud. Lo trovate in forma completa all’indirizzo: https://www.famedisud.it/a-pompei-riemerge-unantico-luogo-di-ristoro-con-i-suoi-bellissimi-affreschi/?fbclid=IwAR0WUqm1Yv3VWnHRq8beruOXQqsEUGGYBS2ZrkTZ99KGM9cnlHMM7qITwV0

di Redazione FdS

Pompei: a riemergere, questa volta, è la parte ancora sepolta del Thermopolium della Regio V, una delle numerose rivendite di cibo pronto per il consumo (una sorta di antenato dei nostri fast food) che costellavano la città vesuviana (se ne contano una ottantina). I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano infatti molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa.
 
Scorcio del thermopolium della V Regio, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Scorcio del thermopolium della V Regio, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Lo scavo del thermopolium della Regio V è iniziato nel 2019 ma finalmente l’ambiente è riaffiorato per intero con altre ricche decorazioni di nature morte, rinvenimenti di resti alimentari, ossa di animali e di vittime dell’eruzione. Un ennesimo “fermo immagine” della città sepolta. A colpire è soprattutto la lucentezza dei colori che, al netto delle lacune provocate dal tempo, ci parlano del gusto per l’immagine evocativa così caro agli antichi al punto da caratterizzare pressoché ogni tipo di spazio.
 
La presunta insegna del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

La presunta insegna del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

L’impianto commerciale era stato indagato solo in parte durante gli interventi del Grande Progetto Pompei, ma considerate l’eccezionalità delle decorazioni (era già emersa l’immagine della Nereide su ippocampo e delfini che decora il fronte del banco di vendita e l’illustrazione della bottega stessa alla stregua di un’insegna commerciale) e al fine restituire la completa configurazione del locale, ubicato nello slargo all’ incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, si è deciso estendere il progetto e di portare a termine lo scavo dell’intero ambiente.

 Di fronte al termopolio, nella piazzetta antistante, erano già emerse una cisterna, una fontana, e una torre piezometrica (per la distribuzione dell’acqua), dislocate a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento.
 
Affresco del bancone con  Nereide su ippocampo con delfini - Ph. © Luigi Spina

Affresco del bancone con Nereide su ippocampo con delfini, Thermopolium Regio V, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Le decorazioni del bancone si sono dunque arricchite di altre immagini, come quelle presenti sull’ultimo braccio di bancone portato alla luce: scene di nature morte e rappresentazioni di animali, probabilmente macellati e venduti nel locale.
 
Natura morta con anatre germane, thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Natura morta con anatre germane, thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

Frammenti ossei, pertinenti gli stessi animali, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone contenenti cibi destinati alla vendita.
 
Particolare del gallo raffigurato sul bancone del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Particolare del gallo raffigurato sul bancone del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina
 
Part. del cane e dell'iscrizione sbeffeggiante - Ph. © Luigi Spina

Part. del cane e dell’iscrizione di scherno – Ph. © Luigi Spina

Nel termopolio è stato inoltre rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio).
 
Alcune delle anfore ritrovate nel thermopolium - Ph. © Luigi Spina

Alcune delle anfore ritrovate nel thermopolium – Ph. © Luigi Spina

“Oltre a trattarsi di una ulteriore testimonianza della vita quotidiana a Pompei – dichiara Massimo Osanna, Direttore Generale ad interim del Parco archeologico di Pompei -, le possibilità di analisi di questo termopolio sono eccezionali, perché per la prima volta si è scavato un simile ambiente per intero ed è stato possibile condurre tutte le analisi che le tecnologie odierne consentono. I materiali rinvenuti sono stati, infatti, scavati e studiati sotto ogni aspetto da un team interdisciplinare composto da: antropologo, fisico, archeologo, archeobotanico, archeozoologo, geologo, vulcanologo. I materiali saranno ulteriormente analizzati in laboratorio e in particolari i resti rinvenuti nei dolia (contenitori in terracotta) del bancone, rappresenteranno dei dati eccezionali per capire cosa veniva venduto e quale era la dieta alimentare”.
 
Il bancone del thermopolium, Pomepi - Ph. © Luigi Spina

Scorcio d’insieme del bancone del thermopolium, Pomepi – Ph. © Luigi Spina

PRIMI ESITI DELLE ANALISI DEI REPERTI

Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le
bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio: un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze. D’altro canto, le prime analisi archeobotaniche hanno permesso di individuare frammenti di quercia caducifoglie, probabilmente pertinente a elementi strutturali del bancone. Sul fondo di un dolio – identificato come contenitore da vino sulla base della bottiglia per attingere rinvenuta al suo interno – è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinate. Apicio nel suo De re Coquinaria (I,5) ce ne fornisce il motivo, asserendo che venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo.
 
I dolia incassati nel bancone del thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

I dolia incassati nel bancone del thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina

 
Il gallo, thermopolium, Pompei - Ph. © Luigi Spina

Affresco col gallo, thermopolium, Pompei – Ph. © Luigi Spina


 

Cibo-Paesaggio

Cibo, paesaggio, architettura, archivi sono i quattro termini scelti per la Giornata nazionale degli archivi di architettura del 2015, promossa da AAA/Italia, Associazione nazionale Archivi di Architettura contemporanea e giunta con successo sempre crescente alla sua quinta edizione. L’Associazione conta oltre centocinquanta soci distribuiti su tutto il territorio nazionale e da gennaio 2015 è presieduta da Margherita Guccione, direttore del MAXXI Architettura che con il suo Centro Archivi e le sue collezioni è sempre stato un importante soggetto di riferimento.

Pier Luigi Nervi, Autogrill Motta sull'autostrada Padova-Limena, 1961-1966, Archivio Nervi, Collezione MAXXI Architettura
In apertura: Alessandro Anselmi, Servizio da tè in ceramica, 1982, Archivio Anselmi, Collezione MAXXI Architettura; qui sopra: Pier Luigi Nervi, Autogrill Motta sull’autostrada Padova-Limena, 1961-1966, Archivio Nervi, Collezione MAXXI Architettura

A livello internazionale, con l’istituzione della Giornata l’Associazione ha voluto aderire all’International Museum Day ICOM, la Giornata internazionale dei musei ICOM, dedicata quest’anno al tema Museum for a sustainable society/Musei per una società sostenibile. Inoltre, il tema della sostenibilità e le questioni ad esso connesse sono anche centrali nell’ambito dell’Expo di Milano, altro importante appuntamento con cui AAA/Italia ha ritenuto doveroso confrontarsi. Obiettivo dell’iniziativa è stato rintracciare negli archivi di architettura la dimensione storica del rapporto tra cibo e costruzione dello spazio fisico, dall’architettura alla città e al paesaggio del Novecento, anche per evidenziare, dove possibile, spunti e suggestioni lasciati in eredità alla creatività contemporanea, come ad esempio i progetti immaginati da architetti visionari, precursori di alcuni contemporanei e innovativi approcci progettuali sostenibili.

Sergio Musmeci, Sala ristorante dello Stadio del Nuoto, Roma 1959, Archivio Musmeci, Collezione MAXXI Architettura
Sergio Musmeci, Sala ristorante dello Stadio del Nuoto, Roma 1959, Archivio Musmeci, Collezione MAXXI Architettura

Risulta evidente come il tema del cibo, dalla produzione, al consumo e allo smaltimento, investa interamente la dimensione architettonica, urbana e naturale del paesaggio italiano e si possa rileggere nelle diverse tipologie di edifici e di interventi in relazione alla produzione, all’approvvigionamento, alla distribuzione, alla vendita e al consumo, o al turismo e al tempo libero (dalle bonifiche agrarie alle industrie alimentari, dagli orti urbani alle serre, dai mercati ai ristoranti, alle mense, ai bar, alle cucine domestiche fino ad arrivare alla scala ridottissima degli oggetti di design). Inoltre, la relazione tra il settore dell’architettura e quello della produzione degli alimenti ha svolto un ruolo chiave nei processi di progettazione, recupero e trasformazione del paesaggio urbano e naturale, profondamente segnato dallo sviluppo industriale nel Novecento e dall’espansione della città moderna e contemporanea. Dunque il tema interessa anche la riqualificazione di intere parti di città e di territorio che oggi può avvenire in modo sostenibile e qualificato solo attraverso il recupero del patrimonio degradato o abbandonato, sottoutilizzato o caduto in disuso per ragioni economiche, sociologiche, culturali, o per mutate esigenze e nuovi stili di vita. E proprio in relazione a questo AAA/Italia propone una riflessione interdisciplinare, partendo da un approfondito percorso di conoscenza e comprensione delle opere stesse per guardare, in sinergia con altre associazioni culturali e con le istituzioni pubbliche, al recupero del patrimonio costruito in un’ottica di sostenibilità e di riduzione del consumo di suolo.

Casa dell'architettura di Latina, Campo Boario e mostra dei prodotti dell’agro pontino, 1939
Casa dell’architettura di Latina, Campo Boario e mostra dei prodotti dell’agro pontino, 1939

Tra le molte iniziative promosse in occasione della V Giornata nazionale degli Archivi di Architettura, a Roma, il MAXXI Architettura con l’Accademia Nazionale di San Luca, l’Archivio Centrale dello Stato, la Soprintendenza Archivistica del Lazio, la Casa dell’Architettura di Latina e l’Ordine degli Architetti P.P.C di Roma e Provincia ha organizzato un focus di approfondimento sul tema, che ha visto coinvolti non solo i rappresentanti delle singole istituzioni, ma anche la Direzione generale Arte e architettura contemporanee e periferie urbane e la Direzione generale per gli Archivi del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Margherita Guccione ha aperto i lavori della giornata con una riflessione indotta dai ricchissimi materiali emersi negli archivi dei soggetti coinvolti nell’iniziativa romana, che si è tenuta al MAXXI: il patrimonio degli archivi di architettura è ancora oggi largamente misconosciuto, nonostante le sue relazioni con la vita quotidiana e con distinti campi di azione culturale o professionale siano numerosissime e di grande interesse, spesso addirittura fondamentali per lo studio e la comprensione di fenomeni storici, sociali, urbani, artistici anche al di là dell’ambito prettamente architettonico.

ACS Gaetano Minnucci, Mercato del Pesce di Ancona 1957
ACS Gaetano Minnucci, Mercato del Pesce di Ancona, 1957

La centralità del tema è stata sottolineata dalla presenza istituzionale delle due Direzioni generali, rappresentate rispettivamente di Stefano D’Amico e di Elisabetta Reale, peraltro recentemente impegnatesi con un protocollo d’intesa che accoglie al suo interno anche il programma ‘Viaggio nell’Italia del secondo Novecento: dagli archivi all’architettura’, concepito in seno ad AAA/Italia per accrescere la conoscenza del patrimonio architettonico anche ribadendo l’attenzione nei confronti del rapporto tra documenti progettuali e opere costruite.

Pier Luigi Nervi, Sala ristorante dello stabilimento Kursaal al Lido di Castelfusano, Roma 1950, Archivio Nervi, Collezione MAXXI Architettura
Pier Luigi Nervi, Sala ristorante dello stabilimento Kursaal al Lido di Castelfusano, Roma 1950, Archivio Nervi, Collezione MAXXI Architettura

La tavola rotonda che ne è seguita ha ulteriormente ampliato la visione di questo tema dalla poliedrica percezione con salti di scala nello spazio e nel tempo impressionanti: dai marchi di fabbrica per generi alimentari di fine Ottocento conservati all’Archivio Centrale dello Stato e mostrati dall’arch. Flavio Lorello, al tema della sostenibilità ambientale con un doveroso sguardo al futuro sottolineato da chi con un ambiente, l’Agro Pontino, fortemente modificato dall’intervento antropico, si confronta quotidianamente come Ferruccio Bianchini della Casa dell’Architettura di Latina. Elisabetta Reale ha inoltre evidenziato l’importanza della Rete per la documentazione, la diffusione, la gestione del patrimonio archivistico presentando i progetti emersi dalla ricognizione operata nel portale degli Archivi di Architettura, punto di accesso di facile consultazione alle migliaia di informazioni contenute negli archivi storici, conservati in luoghi differenti su tutto il territorio nazionale.

Infine Antonello Alici ha ancora una volta ribadito la dolorosa questione del patrimonio architettonico a rischio e della necessaria sinergia tra tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nell’azione di tutela dell’architettura del Novecento, che non può prescindere dai documenti d’archivio.

Archivo Attilio Lapadula, Progetto del padiglione per l’esposizione agricola, 1953
Archivo Attilio Lapadula, Progetto del padiglione per l’esposizione agricola, 1953

Intensificare il confronto su questi temi non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche con l’ambiente accademico e con le realtà imprenditoriali e professionali deve essere un nuovo imperativo per il mondo degli archivi di architettura contemporanea. La chiusura della giornata è stata affidata a due interventi di carattere in un certo senso più intimo, più domestico, per quanto legati a due maestri dell’architettura italiana del Novecento come Mario Ridolfi e Carlo Scarpa. Laura Bertolaccini dell’Accademia Nazionale di San Luca, che conserva l’Archivio Mario Ridolfi, ha presentato l’architetto nella veste assolutamente inusuale di avventore della trattoria La mora a Terni. Un puntuale rilievo architettonico con considerazioni a margine sul camino della cucina della trattoria, realizzato nel corso di uno dei pasti che consumava durante i lavori di costruzione di Casa Lina alla Cascata delle Marmore, è funzionale a Ridolfi per la definizione del suo progetto per la cucina, mostrandoci come l’architettura in senso lato è tanto parte della nostra vita da guidare anche la mano di un architetto che all’architettura stessa dovrebbe dare vita.

A sinistra: Carlo Scarpa, Comprate le mie posate, 1977, Archivio Scarpa, Collezione MAXXI Architettura; a destra: Aldo Rossi, Studio della caffettiera La Conica per Alessi, Archivio Rossi, Collezione MAXXI Architettura

Ha concluso la V Giornata nazionale degli Archivi di Architettura al MAXXI l’ironia coltissima di Carlo Scarpa, autore di ristoranti, bar, mense, cucine domestiche ma anche di tavoli, posate, bicchieri, e grande appassionato di cibo e di vino, di buona compagnia e dei momenti conviviali. Perché un archivio di architettura non è fatto solo di progetti: attraverso carteggi, pubblicazioni, fotografie e documenti diversi restituisce a tutto tondo la figura dell’originario detentore di quei documenti. E dunque anche l’Archivio Carlo Scarpa conservato nelle Collezioni del MAXXI Architettura riflette fedelmente il peculiare temperamento dell’architetto veneziano nel quale piacere e professione, produzione e cultura, cibo e architettura sono tutte espressione di un solo, vivacissimo ingegno che lo porta ad appuntare ironicamente a margine di un suo schizzo: Comprate le mie posate! © riproduzione riservata

Un bosco urbano a Malaga

thumb-2_4_732x400
Il consiglio comunale di Malaga ha approvato una mozione per costruire un Bosco Urbano, su un terreno di 177.000 m2 che apparteneva a Repsol, invece del parco con grattacieli e centro commerciale, che era previsto per questo terreno.

Secondo “La Opinión de Málaga”, questo Bosco Urbano è destinato a fungere da polmone della città. A questo proposito, sono state adottate altre misure di carattere ambientale, quali l’aumento e il miglioramento di “aree verdi urbane utili per abitante”, nonché la costruzione di una cintura verde che circonda la città.

A questo proposito, Francisco Javier López, uno dei fondatori della piattaforma cittadina “Bosque Urbano Málaga”, ha confessato, in dichiarazioni al quotidiano citato, che le azioni politiche “devono essere compatibili con la protezione dell’ambiente e aumentare la dotazione di aree verdi”.

Urban Algae Folly

Alghe che producono ombra, ossigeno, carburante e nutrimento a costo zero e in maniera ecosostenibile. Questo è quello che hanno fatto Marco Poletto e Claudia Pasquero, designer dell’ecoLogicStudio, con la loro Urban Algae Folly, una struttura innovativa che sfrutta il design, la tecnologia e il potere delle microalghe Chlorella e Spirulina per creare un’architettura che non danneggia l’ambiente ma lo aiuta.

Presentata ad EXPO Milano 2015 e, prima ancora, in prototipo alla Milano Design Week 2014, oggi la fattoria urbana si trova nella piazza principale di Braga, in Portogallo, producendo ogni giorno 2 kg di ossigeno, l’equivalente di quello prodotto da 25 grandi alberi, oltre a 100 grammi di microalghe che contengono la stessa quantità di proteine di 2 kg di carne di mucca.

La struttura viene infatti “alimentata” con quello che viene ormai sempre più spesso definito il “superfood del futuro”: le microalghe. Grazie all’interazione umana che ne permette la circolazione all’interno della struttura, costituita da un innovativo polimero denominato ETFE, e all’azione del sole, la Chlorella e la Spirulina si rinnovano creando ossigeno, ombra e ristoro per chi sosta sotto la struttura, oltre che materia prima per carburanti e cibi.

Quest’ultimo è un tema recentemente molto sentito e di cui le microalghe Chlorella e Spirulina sono oramai protagoniste indiscusse, grazie alle loro proprietà fotosintetiche che permettono loro di riprodursi in grande quantità e alle indiscusse doti di alimento biologico. Sono infatti, tra le altre cose, ricche di proteine in forma bioassimilabile, clorofilla, amminoacidi, fitonutrienti, vitamine e sali minerali; grazie a tutti questi elementi stimolano l’energia fisica e mentale e la resistenza dell’organismo agli agenti esterni, e aiutano la depurazione dalle tossine assimilate quotidianamente.

Un’importante innovazione architettonica che permette quindi di riflettere sulle possibilità di ottenere una grande quantità di materie nutrienti anche nelle zone del pianeta dove ciò è più difficile, oltre ad integrarsi semplicemente e con grande impatto positivo nella vita di tutti i giorni delle grandi città. Diteci cosa ne pensate del sempre più attuale dibattito sulle alghe come fonte praticamente inesauribile di energia e cibo che rispettano il nostro pianeta!

 

Credits:

Urban Algae Folly
un progetto di: by ecoLogicStudio: Claudia Pasquero, Marco Poletto (London, UK)

Design Team: Marco Poletto, Claudia Pasquero, Andrea Dal Negro, Terezia Greskova, Alberto Chiusoli, Fanny Ciufo, Kyriaki Goti, Olga Carcassi, Nikolaos Xenos.
Digital responsive systems: Alt N – Nick Puckett
Data Interface:
ecoLogicStudio: Marco Poletto, Claudia Pasquero, Terezia Greskova,
Fanny Ciufo , Alberto Chiusoli, Olga Carcassi.
Urban Morphogenesis Lab UCL : Claudia Pasquero, Immanuel Koh
Structural Engineering: Format Engineers
Project Management: Paolo Scoglio
Local Construction Support: Cristina Padilha, Hugo Cortez.
ETFE contractor: Taiyo Europe GmbH
Metal Structure: GV Filtri
Microalgae culture: Sciento UK

UaF Braga_opening day


 

Fonti:

http://www.alghe.org

urbanalgaefolly.com; ecologicstudio.com; rinnovabili.it; inhabitat.com

L’AIA DI SAN GIORGIO

 A pochi passi dal centro di Vignacastrisi, frazione del comune di Ortelle (LE) e immersa nel verde degli alberi d’ulivo e della campagna circostante, l’Aia di San Giorgio, dimora d’arte e di cucina, accoglie il nostro tour in una giornata fredda e tersa. L’accesso pedonale avviene attraverso un piccolo giardino con muretti a secco e tracce di antiche costruzioni che in primavera si riempie di fiori spontanei e vivaci.

 

Il grande portico in legno, preannuncia ore di ristoro dalla calura salentina; le vecchie botti sapientemente recuperate è restaurate da Lucio, (mani da falegname e aspetto di un capitano Acab, ma con gli occhi più dolci e l’animo meno tormentato), preannunciano aperitivi all’aria aperta alla luce di lanterne e di piccole lampadine che danno all’aia un’aria festosa.

L’interno della sala ristorante, uno spazio unico dominato dai toni chiari delle pareti e delle “chianche” (pavimento) in pietra leccese, con le sue grandi finestre in ferro, da vecchio opificio artigianale e il caminetto in pietra, che nelle giornate invernali, accoglie e riunisce, è un tributo alla musica e all’arte in generale.

L’arredo dell’ambiente, con pochi tavoli in legno, è un tributo alla rinascita: oggetti recuperati e trasformati  con lo scopo di ridare loro una dignità e un significato nuovi, punteggiano discretamente il salone, senza però risultare ingombranti o eccessivi, mentre, stampe di vecchi manifesti di musica jazz e blues denotano ed esprimono la passione del proprietario Raffaele Di Staso, avvocato ed ex chitarrista, per la musica.

Dimora d’arte e di cucina dunque, e questo secondo polo, fondamentale per coloro che si approcciano all’Aia di San Giorgio in cerca della riscoperta di sapori tradizionali, ma riletti in chiave contemporanea, è rappresentato da Alessandra Ferramosca, cuoca itinerante salentina, che grazie anche ad alimenti di alta  qualità, prodotti all’interno della tenuta stessa, ci aiuta a compiere un viaggio dei sensi che è anche un viaggio di conoscenza e scoperta di un intero territorio.

 

Ph. Barbara Falcone, Francesca Orlando, Alessandra Ferramosca.

 

Educational “Dall’Avvento all’Immacolata sulle orme di Scanderbeg” realizzato dall’ Accademia dei Volenterosi e il Comune di Bagnolo del Salento– Progetto P.O.R.FESRSE 2018-2020 Regione Puglia).

Per informazioni:

AIA DI SAN GIORGIO, Via Vecchia Ortelle – 73030 Vignacastrisi (LE)

tel. 329 985 2006