ONA

“Se stai leggendo questo, probabilmente ti stai chiedendo due cose: 1)cosa significa ONA; 2)cosa fa esattamente ONA”.
In catalano, ONA significa onda. Stiamo creando una comunità di chef, produttori di cibo e produttori di vino che cavalcano l’onda insieme, lungo un flusso di eventi emozionanti.

Racconta l’ideatore Luca Pronzato. Padre italiano, madre spagnola e cittadinanza francese, che dopo tre anni al Noma di Copenhagen ha deciso di puntare tutto sulle nuove generazioni e su un progetto dall’animo globetrotter.

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Che cosa è un buon pranzo? Prima di andare a cena fuori, ci chiediamo “Cosa mi va di mangiare oggi?” Qualunque sia la risposta, sappiamo sempre dove possiamo trovarla. Se è la pizza che vogliamo, andiamo in un ristorante italiano, se è una quesadilla, andiamo in un ristorante messicano, e così va…
Al giorno d’oggi, ci aspettiamo esperienze onnicomprensive e costanti novità quando si esce a cena. Siamo abituati a non correre rischi, quindi andiamo in un posto familiare, nel nostro quartiere, dove il menu è sempre lo stesso. Ma che dire dell’assunzione di rischi? Che dire dell’esperienza di essere piacevolmente sorpresi? ONA è nata per i curiosi frequentatori di ristoranti, per coloro che si assumono il rischio di apprezzare la creatività, il gusto e la sostenibilità. Creiamo esperienze alimentari uniche ed effimere in luoghi inaspettati. Possiamo piombare nella vostra città e trasformare il luogo dove si cammina ogni giorno e dare ad esso un nuovo nome e scopo – forse solo per pochi giorni. Quando è finita, ci lasciamo alle spalle qualcosa che non sarà sperimentato di nuovo. Proprio come un’onda.

Perché?

“ONA vuole responsabilizzare i giovani chef nel definire l’arte del cibo e del vino. Riconosciamo i desideri degli chef per le residenze stagionali e a breve termine, e liberiamo completamente l’espressione artistica dei giovani, senza mai dimenticare che il vero obiettivo è fornire un pasto che gli ospiti adorano.
Il ONA Touch? Creiamo esperienze effimere in luoghi e ristoranti inaspettati. Li ri-progettiamo, creiamo un’atmosfera, fornendo una nuova squadra e una nuova identità.
Sosteniamo i produttori alimentari e i loro metodi  coltivazione. Sosteniamo i viticoltori e le loro storie di successo per tutta la vita.
ONA è la celebrazione di questa comunità di talenti e produttori, tutti riuniti per creare un’esperienza culinaria indimenticabile per i nostri ospiti, sempre diversa, sempre unica.
Andiamo a cavalcare l’onda insieme.”

 

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ONA è dunque un ristorante in continuo movimento: cambia la sede, personale, mise en place e  il menù. Sempre garantita è l’alta qualità del servizio e della proposta culinaria, affidata ai migliori sous-chef in circolazione.

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«L’idea è di creare un punto di incontro in giro per il mondo, offrendo ogni volta un’esperienza unica.»

 

 


i luoghi impropri del cibo

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L’appropriazione di luoghi impropri, destinati ad altro uso, per ricavarne ambiti di domesticità e di accoglienza, è una delle possibili declinazioni del rapporto cibo-architettura. Non è  solo il rapporto tra cibo e design dunque, ma è soprattutto la relazione che intercorre tra cibo e spazi domestici  (siano essi rappresentati anche solo da una nicchia e un lavabo di fortuna), e più in generale, tra cibo e città, a suscitare la mia attenzione.

Il cibo di strada trasforma, seppur temporaneamente, la città: la anima di nuovi flussi, di nuova vitalità, di percorsi impensati, di visuali alternative e la città accoglie e respinge questi luoghi reietti ma fortemente radicati nella cultura popolare.

I ristoranti di strada, come entità fluide, si insinuano sotto gli spazi residuali di un cavalcavia, negli anfratti tra i palazzi, colonizzando la città per il tempo breve di una pausa pranzo poi, quando tutto finisce, e le luci si spengono, la città torna al suo stato iniziale.

Ciò che è accaduto in quel breve lasso di tempo, ha lasciato traccia di se? A volte mi piace pensare che ogni fenomeno, seppur temporaneo, lasci tracce indelebili del suo passaggio anche solo nel ricordo di coloro che si trovavano in quel tempo e in quel luogo.

Se una luce si è spenta, da qualche altra parte, in un’altra ora, in un’altra città,  nuovi flussi, nuova vitalità,  percorsi impensati,  visuali alternative si accenderanno per qualche ora trasformando lo spazio circoscritto nel raggio di una lampadina ad incandescenza.

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tutte le foto presenti in questo articolo sono state
scattate a Shanghai da Diego Ancillai e Sara Racanelli