Luppoleti Aperti – Hopera – Roseto degli Abruzzi

l luppoleto Hopera si trova a poca distanza dall’uscita A14 di Roseto degli Abruzzi. La posizione è stata scelta per seguire il normale habitat della pianta , infatti esso sorge nelle vicinanze di quello che precedentemente era un lago artificiale usato per l’irrigazione. Il terreno è in leggero-medio declivio, dotato di irrigazioni e pali fuori terra di 7 mt. Nella realizzazione dell’impianto sono stati usati piu’ di 6000 metri di cavo d’acciaio, 2500 mt di irrigazione, 190 pali , 80 tiranti di varia natura e piu’ di 400 morsetti.

Le tipologie adesso disponibili sono Cascade a Chinook.

A parte l’impianto in sé, visitabile su appuntamento, la parte più particolare e interessante dell’impianto è data dai macchinari usati per la raccolta e l’essiccazione del luppolo. Infatti, sebbene in natura il luppolo sia una pianta infestante, una volta raccolta ha un tempo di deperimento molto rapido se non viene trattata nel minor tempo possibile, specialmente alle nostre latitudini. Caldo, temperature elevate e l’esposizione al sole devono essere evitate una volta raccolta la pianta, provvedendo alla separazione dei coni e alla successiva essiccatura nel più breve tempo possibile.  Immediatamente al termine di ogni ciclo di raccolta i bins con i luppoli sono già pronti per entrare in camera di essiccazione dove rimangono mediamente 6 ore.  Successivamente ad entrambi i cicli seguono un breve periodo di riposo per riportare i coni alla temperatura ambiente e infine si prosegue con lo stoccaggio.

Sabato 9 e Domenica 10 luglio, dalle ore 16 fino a tarda sera, l’azienda agricola apre le sue porte: si potrà visitare il luppoleto e rinfrescarsi corpo e mente con birra, cibo e musica.

L’ azienda agricola HoperaHopposti offrirà agli interessati al turismo enogastronomico, la possibilità di fare una passeggiata lungo i filari di uno dei luppoleti più grandi D’Europa conoscere questa pianta speciale, le sue caratteristiche, la sua lavorazione, la trasformazione ed i suoi usi.

i filari

L’azienda Hopera nasce grazie ad un progetto sviluppato intorno ad un primo insediamento agricolo, è un’azianda giovane con molta voglia di sperimentare e fornire al mercato prodotti nuovi.

“Cerchiamo il piu’possibile di produrre utilizzando i nostri prodotti coprendo il settore food/beverage con quello che noi definiamo Hopy food. Il nostro obiettivo e’ potervi fornire prodotti biologici e coltivati nel modo migliore possibile, cercando di differenziare i prodotti forniti”. Hanno affermato i proprietari e gestori dell’azienda.

Intrecci lignei

Con un design intelligente, abilità artigianali locali di base e un atteggiamento sperimentale flessibile, anche lo spazio più ordinario come un magazzino può diventare un ambiente di vendita accattivante.
Questo concetto è stato recentemente dimostrato nel Yuntai Ice Chrysanthemum Industry Park a Houyanmen Village a Huanfeng Town, dove LUO Studio con sede a Pechino http://www.luostudio.cn trasformato un ordinario magazzino di con telaio in acciaio in un affascinante spazio espositivo creando un delicato intreccio di legni e cavi, una sorta di infrastruttura nella struttura principale.

Lo scopo di questo specifico edificio è quello di fungere da area espositiva e showroom per i famosi prodotti Ice Chrysanthemum della regione che hanno una moltitudine di usi medicinali e cosmetici. I canali di vendita di questi prodotti da questo spazio includono gruppi turistici ospitati, marketing in franchising e livestreaming.

Quando la pandemia ha interrotto l’afflusso di gruppi turistici e le piantagioni di crisantemi di ghiaccio nel villaggio hanno subito una grave diminuzione della produzione a causa delle recenti inondazioni c’è stata la necessità di creare un nuovo spazio per contribuire a incrementare le vendite, ma anche farlo con costi minimi.

I progettisti e gli istruttori di costruzione Luo Yujie, Wang Beilei, Huang Shangwan, Zhang Chen di LUO Studio hanno lavorato con la gente del posto per creare lo spazio espositivo di 602 metri quadrati (6.480 piedi quadrati) con tutto questo in mente. La risposta sono stati materiali locali a prezzi accessibili e tecniche semplici che non richiedevano attrezzature speciali o competenze specialistiche. LUO Studio ha scelto pannelli di legno sottili con un alto tasso di recupero del legname prodotto da una fabbrica di legname locale come materiale da costruzione principale. I pannelli possono essere assemblati a mano e facilmente riposizionati e riutilizzati.

La sperimentazione in loco ha aiutato i progettisti e i lavoratori locali ad arrivare alle migliori soluzioni soprattutto in termini di piegatura del legno in una forma ottimale e sicura.

Il risultato è un’area espositiva delicata e dall’aspetto organico, completamente locale, che nasconde abilmente l’indecente capannone industriale.

Vigna di Leonardo a Milano

Una storia dimenticata lega Leonardo da Vinci alla città di Milano: la storia di una vigna. La vigna che nel 1498 Ludovico il Moro, duca di Milano, regalò a Leonardo e intorno alla quale corrono leggende che coinvolgono il genio, le sue opere, i suoi seguaci; la vigna che rinasce oggi, finalmente, nel rispetto dei filari e del vitigno originari. La Vigna di Leonardo da Vinci rinasce con Expo 2015, per volontà della Fondazione Portaluppi e degli attuali proprietari di Casa degli Atellani, grazie al contributo decisivo dell’Università degli Studi di Milano. Nel 2007 sono partite le ricerche condotte dalla genetista Serena Imazio e dal professor Attilio Scienza, massimo esperto del DNA della vite, mediante scavo manuale, dei residui biologici vivi della Vigna Originale all’interno del giardino di Casa degli Atellani: ricerche che hanno portato al reimpianto della Malvasia di Candia Aromatica (la vite di Leonardo). Il 12 settembre 2018, per la prima volta, l’uva de La Vigna di Leonardo è stata vendemmiata dando vita al vino più unico al mondo: La Malvasia di Milano, Anno I.

STORIA

Dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico, Leonardo da Vinci arriva a Milano, alla corte di Ludovico Maria Sforza detto il Moro, nel 1482. All’epoca, lui e Ludovico hanno entrambi 30 anni. Nel 1495 Ludovico gli assegna l’incarico di dipingere l’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie. Nel 1498 Ludovico concede a Leonardo la proprietà di una vigna di circa 16 pertiche.

“Immaginiamo Leonardo, al tramonto di una giornata di lavoro, mentre lascia il cantiere del Cenacolo, attraversa il Borgo delle Grazie e Casa degli Atellani, e raggiunge la sua amata vigna. Nell’aprile del 1500 le truppe del re di Francia sconfiggono e imprigionano il Moro e anche Leonardo lascia Milano, non senza aver prima affittato la vigna al padre del suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Leonardo non smetterà mai di occuparsi della sua vigna: la riconquisterà quando i Francesi gliela confischeranno e in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte a un servitore e un’altra parte proprio al Salaì.”

dal sito : https://www.vignadileonardo.com/it/storia

San Francesco della Vigna – Venezia

San Francesco della Vigna rappresenta il vigneto urbano più antico di Venezia. Nel complesso di San Francesco della Vigna vi sono tre chiostri, due sono adibiti a orto e vigneto, nel terzo viene invece raccolta l’acqua piovana, usata poi per irrigare i vigneti. Oggi il vino prodotto dalla vigna si chiama Harmonia Mundi. Il ricavato delle bottiglie vendute (circa un migliaio) viene utilizzato per finanziare le borse di studio per gli studenti dell’Istituto di Studi ecumenici della facoltà di Teologia presente nel complesso. Il vino che verrà prodotto a partire dall’annata 2019 sarà a marchio Santa Margherita. Il lavoro in vigneto dei frati verrà seguito e coordinato dai tecnici di Santa Margherita, per arrivare a una gestione ottimale e a un’eccellente vendemmia. Santa Margherita si è inoltre assunta il compito di supervisionare il completo restauro della Cappella di San Marco, sempre all’interno del complesso. La Cappella versa infatti in stato di quasi abbandono e l’ultimo restauro risale al 1885.

vigne urbane

Vigne urbane, luoghi poco conosciuti, fanno parte in tutto e per tutto del patrimonio culturale e naturalistico del territorio italiano che offre paesaggi variegati che vanno dalle colline del Chianti ai terrazzamenti delle Cinque Terre, dai pendii dell’Etna al paesaggio alpino di Aosta e dell’Alto Adige.

Al di fuori dei circuiti tradizionali e delle guide turistiche più diffuse, ci sono però le vigne che inaspettate, quelle che sorgono nelle grandi città, a ricordare un passato agricolo e uno stile di vita più a contatto con la natura. L’interesse per il restauro dei vigneti urbani (presenti sia in Italia che in Europa), ha portato nel 2019 alla creazione dell’associazione Urban Vineyards Association (U.V.A.) che nasce proprio con l’intento di tutelare il patrimonio rurale, storico e paesaggistico rappresentato dalle vigne urbane e di valorizzarlo sotto il profilo culturale e turistico, rendendolo produttivo per la collettività e per il futuro nel rispetto dell’ambiente, attraverso politiche vitivinicole e sociali di integrazione e sostenibilità.

Vigna non è solo dolce paesaggio collinare. Vigna può essere anche città: il verde inaspettato nella giungla di cemento, un verde di tradizione e terra, che trasforma i confini della città in orizzonti nella città. Queste sono le vigne urbane, coltivazioni uniche all’interno di un’area metropolitana. Patrimonio agricolo, storico e culturale di enorme valore, le viti coltivate all’interno delle città sono spesso dei veri e propri tesori di biodiversità: le varietà antiche, in alcuni casi esemplari e biotipi rarissimi nel panorama ampelografico di una regione, sono state propagate nei secoli senza mai essere sostituite con altre più produttive o apprezzate dai mercati, come è avvenuto invece nei vigneti destinati alla produzione e al commercio. Nasce dunque un’associazione che le riunisce in una rete internazionale, che possa farsi promotrice di progetti di recupero storico e di azioni di valorizzazione culturale, paesaggistica e turistica.

La tradizione della terra nel futurismo della città. La silenziosa bellezza di grappoli urbani che vegliano non osservati.
L’uva per il gusto dell’uva, e l’uva per il gusto della città.
L’uva metropolitana si profila infatti anche come strumento di eco management, che contribuisca alla sostenibilità urbana apportando un patrimonio culturale e naturale di rilievo. Fare di più con meno. Un contributo semplice ma significativo per la città, come il vino per la tavola.

dal sito: https://urbanvineyards.org/chi-siamo-vigne-urbane/il-progetto-vigne-urbane/

Un bosco urbano a Malaga

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Il consiglio comunale di Malaga ha approvato una mozione per costruire un Bosco Urbano, su un terreno di 177.000 m2 che apparteneva a Repsol, invece del parco con grattacieli e centro commerciale, che era previsto per questo terreno.

Secondo “La Opinión de Málaga”, questo Bosco Urbano è destinato a fungere da polmone della città. A questo proposito, sono state adottate altre misure di carattere ambientale, quali l’aumento e il miglioramento di “aree verdi urbane utili per abitante”, nonché la costruzione di una cintura verde che circonda la città.

A questo proposito, Francisco Javier López, uno dei fondatori della piattaforma cittadina “Bosque Urbano Málaga”, ha confessato, in dichiarazioni al quotidiano citato, che le azioni politiche “devono essere compatibili con la protezione dell’ambiente e aumentare la dotazione di aree verdi”.

Urban Algae Folly

Alghe che producono ombra, ossigeno, carburante e nutrimento a costo zero e in maniera ecosostenibile. Questo è quello che hanno fatto Marco Poletto e Claudia Pasquero, designer dell’ecoLogicStudio, con la loro Urban Algae Folly, una struttura innovativa che sfrutta il design, la tecnologia e il potere delle microalghe Chlorella e Spirulina per creare un’architettura che non danneggia l’ambiente ma lo aiuta.

Presentata ad EXPO Milano 2015 e, prima ancora, in prototipo alla Milano Design Week 2014, oggi la fattoria urbana si trova nella piazza principale di Braga, in Portogallo, producendo ogni giorno 2 kg di ossigeno, l’equivalente di quello prodotto da 25 grandi alberi, oltre a 100 grammi di microalghe che contengono la stessa quantità di proteine di 2 kg di carne di mucca.

La struttura viene infatti “alimentata” con quello che viene ormai sempre più spesso definito il “superfood del futuro”: le microalghe. Grazie all’interazione umana che ne permette la circolazione all’interno della struttura, costituita da un innovativo polimero denominato ETFE, e all’azione del sole, la Chlorella e la Spirulina si rinnovano creando ossigeno, ombra e ristoro per chi sosta sotto la struttura, oltre che materia prima per carburanti e cibi.

Quest’ultimo è un tema recentemente molto sentito e di cui le microalghe Chlorella e Spirulina sono oramai protagoniste indiscusse, grazie alle loro proprietà fotosintetiche che permettono loro di riprodursi in grande quantità e alle indiscusse doti di alimento biologico. Sono infatti, tra le altre cose, ricche di proteine in forma bioassimilabile, clorofilla, amminoacidi, fitonutrienti, vitamine e sali minerali; grazie a tutti questi elementi stimolano l’energia fisica e mentale e la resistenza dell’organismo agli agenti esterni, e aiutano la depurazione dalle tossine assimilate quotidianamente.

Un’importante innovazione architettonica che permette quindi di riflettere sulle possibilità di ottenere una grande quantità di materie nutrienti anche nelle zone del pianeta dove ciò è più difficile, oltre ad integrarsi semplicemente e con grande impatto positivo nella vita di tutti i giorni delle grandi città. Diteci cosa ne pensate del sempre più attuale dibattito sulle alghe come fonte praticamente inesauribile di energia e cibo che rispettano il nostro pianeta!

 

Credits:

Urban Algae Folly
un progetto di: by ecoLogicStudio: Claudia Pasquero, Marco Poletto (London, UK)

Design Team: Marco Poletto, Claudia Pasquero, Andrea Dal Negro, Terezia Greskova, Alberto Chiusoli, Fanny Ciufo, Kyriaki Goti, Olga Carcassi, Nikolaos Xenos.
Digital responsive systems: Alt N – Nick Puckett
Data Interface:
ecoLogicStudio: Marco Poletto, Claudia Pasquero, Terezia Greskova,
Fanny Ciufo , Alberto Chiusoli, Olga Carcassi.
Urban Morphogenesis Lab UCL : Claudia Pasquero, Immanuel Koh
Structural Engineering: Format Engineers
Project Management: Paolo Scoglio
Local Construction Support: Cristina Padilha, Hugo Cortez.
ETFE contractor: Taiyo Europe GmbH
Metal Structure: GV Filtri
Microalgae culture: Sciento UK

UaF Braga_opening day


 

Fonti:

http://www.alghe.org

urbanalgaefolly.com; ecologicstudio.com; rinnovabili.it; inhabitat.com

Permacultura

dal sito : https://tipicoergosum.wordpress.com/2012/11/28/25/

Il termine Permacultura, è una derivazione nata dalla contrazione di due termini inglesi, permanent agriculture e permanent culure e rappresenta un insieme di pratiche e teorie volte a progettare degli ambienti umani che siano sostenibili e che soddisfino al tempo stesso i naturali bisogni dell’uomo quali cibo ed energia senza per questo modificare in maniera irreversibile l’ambiente circostante.

La permacultura nasce in Australia nel 1978 grazie all’opera dello scienziato naturalista Bill Mollison e dell’agronomo David Holmgren.che progettano modelli di agricoltura basata sulla coltivazione di numerose specie (policoltura) tipiche dell’area, che potessero convivere in maniera simbiotica generando un vantaggio sia per l’agricoltore (poco lavoro) che per le specie stesse (mantenimento della biodiversità).

Oltre alla progettazione delle colture, però, il metodo si prefiggeva di creare un ambiente per le attività umane. Principio fondamentale della permacultura consiste nella convinzione che applicando in maniera etica e responsabile i metodi ecologici nei sistemi produttivi agricoli, si possa ricreare quell’equilibrio perfetto tra uomo e natura indispensabile alla vita stessa. Una teoria quindi che va bene per piccole o grandi realtà, a cominciare dal balcone di casa o dall’orto domestico, per finire alle grandi aree naturali, agli insediamenti rurali, ai centri urbani ed ai villaggi. Ad oggi sono molte le accademie nate in tutta Europa per applicare e sviluppare i principi della permacultura; tra esse, la più importante si trova in Inghilterra. Sul sito italiano www.permacultura.it si trovano corsi ed incontri della durata che varia da poche ore a qualche settimana per apprendere i metodi e soprattutto imparare a progettare sistemi uomo\natura sostenibili, efficienti ed ecologici.

 

Agro Food Park (AFP) Danimarca

William McDonough + Partners , GXN, 3XN Architects, BCVA e Urland hanno collaborato per sviluppare un Master Plan per l’Agro Food Park (AFP), un hub per l’innovazione agricola nei pressi di Aarhus in Danimarca.
Con l’obiettivo di fungere da punto di riferimento per il futuro sviluppo globale dell’industria alimentare, il progetto combinerà densità urbana con campi agricoli di prova in una collaborazione di business accademico e commerciale.

Agro Food Park Expansion in Denmark to Combine Urbanity and Agriculture , Courtesy of William McDonough + Partners and GXN

Nel corso dei prossimi 30 anni, l’attuale AFP-che è stato aperto nel 2009 e si estende 44.000 metri quadrati con quasi 1.000 dipendenti-si espanderà di un ulteriore 280.000 metri quadrati.
Abbiamo il privilegio di essere stati scelti da GXN per collaborare a quello che diventerà un ecosistema imprenditoriale per affrontare il futuro delle risorse alimentari e vegetali.
Ha detto William McDonough, fondatore di William McDonough + partner e co-autore del testo, culla per Culla: rifare il nostro modo di fare le cose.
Sono state individuate cinque aree di interesse per migliorare l’AFP attraverso la nuova espansione: materiali sani, energia pulita, aumento della biodiversità, aria salubre e acqua pulita.
Siamo nel secolo ecologico. Dopo decenni di distruzione impensata di clima, acqua e terra, ora è il momento di ripristinare e ricostituire le risorse biologiche del nostro pianeta per tutte le specie della terra.
Ha dichiarato McDonough.
Una dimostrazione di città di carbonio positivo presso il parco agro-alimentare può essere l’incarnazione di questo nuovo secolo. La sua acqua pulita, aria, suolo e energia che funge da fonte continua di innovazione economica ed ecologica e la rigenerazione, ridefinendo come possiamo emanare un positivo e futuro abbondante.
Il Master Plan del progetto sarà composto da tre elementi principali:
il prato; uno spazio centrale verde comunale, la striscia, la strada principale di AFP;  le piazze, che si legano insieme al cluster di edifici con identità individuali del quartiere.

Architettura, cibo e agricoltura: la città autosufficiente

La terza edizione di Seeds&Chips. The Global Food Innovation Summit (Rho Fiera, 8-11 maggio) ha proposto come obiettivo quello di proseguire il cammino intrapreso per dare risposte sempre più concrete e sostenibili alle problematiche della città futura che impongono un cambiamento nei modi in cui il cibo è prodotto, trasformato, distribuito, comunicato e consumato.

Il quesito che ci si è posti  è: come le città riusciranno a garantire una produzione di cibo sufficiente all’interno dei propri territori ed essere così autosufficienti?

Marco Gualtieri, ideatore e presidente di Seeds&Chips, ha lanciato la sfida alle città italiane, ma soprattutto alle realtà delle metropoli di tutto il mondo invitando startup, ricercatori, imprenditori e politici di spicco  per ragionare insieme su strategie, soluzioni e tecnologie per cercare di risolvere le problematiche derivanti da cambiamenti climatici, crescita demografica e diminuzione di risorse; focalizzando l’attenzione sul cibo e sull’intera filiera produttiva, interna alla città.

Il tipo di soluzione che si propone non è quella degli  orti urbani condivisi, né dei tetti verdi, ma di ripensare  spazi e  architetture che ospiteranno le urban vertical farm.

Square Roots, container produttivi da installare in città

I nuovi piani del Comune di Milano, presentati nello spazio dell’ex stabilimento Ansaldo, propongono come obiettivi del progetto Neu (Nuove economie urbane) Manifattura Milano, il recupero delle attività produttive a scala urbana rifacendosi a casi europei come il Poblenou di Barcellona o L’Atelier de Paris a Parigi.

Gli spazi per la produzione e l’architettura di essi sono stati gli argomenti principali  durante i quattro giorni del summit, dove l’Association for Vertical Farming ha riunito quattordici dei migliori innovatori da tutto il mondo nel campo della urban and vertical agricolture per comprendere come e in quali luoghi la città possa produrre il proprio cibo.

Lufa Farm a Montréal, riconversione di un edificio industriale

La scala del discorso ha spaziato a tutto campo: dai “micro-orti”, gestibili attraverso un’app sullo smartphone, fino ai casi internazionali di Square Roots, container high tech installati nel cuore delle città americane, o delle “fattorie urbane” di Lufa Farms in Canada, dove ex opifici sono stati convertiti in vere e proprie fabbriche per la produzione di verdura e frutta a km 0, sicura e priva di pesticidi.

Studio SLA, progetto vincitore del concorso internazionale di idee "Reinveter Paris"

In Italia l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), si occupa di ricerca per la progettazione sostenibile di vertical farm con particolari interessi verso la riconversione di ex fabbriche per la produzione ortofrutticola.

Enea, Vertical Farm all'Expo 2015