Fra Firenze e Siena, su uno dei preziosi rilievi del Chianti, in un’area caratterizzata dall’andamento lieve di innumerevoli curve di livello, vengono praticate due incisioni orizzontali di estrema precisione chirurgica. Questo, in sintesi è in concept del progetto delle cantine Antinori, nato dalla collaborazione tra Marco Casamonti e lo Studio Archea di Firenze. La scelta di realizzare un complesso completamente ipogeo, è stata giudicata “tecnicamente” la più idonea per una migliore maturazione del vino. La grande dimensione dell’impianto, nascosta dal terreno, inoltre, riduce al minimo il danno visivo al paesaggio circostante.
Dietro l’apertura posta al piano inferiore si sviluppano non solo le strutture preposte alla produzione vinicola ma anche un auditorium, un ristorante, un asilo, una biblioteca , degli uffici ed i parcheggi. All’interno degli spazi per uffici sono situate piccole corti illuminate da bolle in vetro che creano una luce mordida e calda, riflettendosi sulle pareti in mattone. La copertura aggettante verso l’esterno, caratterizzata dalla presenza della grande scala elicoidale, è sorretta da colonne fusiformi e bucata da aperture tondeggianti. Nella zona retrostante, la più buia del complesso, è stato collocato il nucleo centrale dell’intero organismo: un ambiente contrassegnato dalla sequenza di volte e navate irregolari rivestite in mattoni, che ricordano molto da vicino le più ardite realizzazioni dell’ingegnere uruguaiano Eladio Dieste.
Church of Christ the Worker, Atlantida, Uruguay, 1958-60
Ideata per ospitare numerose barrique per l’invecchiamento, questa zona, invisibile dall’esterno, ma visitabile grazie ad un percorso espositivo, richiama una certa dimensione sacrale e mistica presente da sempre nella produzione del vino; la sua illuminazione prevede alcune aperture sapientemente posizionate sulle volte irregolari così da irradiare una luce soffusa dentro l’oscurità della cantina.
Barbara,
parlare di un progetto di Marco Casamonti dopo il suo recente arresto per ‘abuso di potere e corruzione’ è ardito, ma forse hai ragione, bisogna distinguere l’uomo dall’architettura e quest’opera ‘green’ vale la pena essere citata.
Al tal proposito condivido le idee di Francesco Rephisti (vedi: Francesco Rephisti, Green Architecture. Oltre la metafora, Lotus, n.135, pp. 34-41) su quest’ossimoro che è l’archtettura verde, il progetto da te citato è stato catalogato come ’estetica della sparizione’ ovvero l’architettura dissimulata.
L’architettura non è naturale e la natura non è architettura.
Questa visione ‘green’ dell’architettura risulta debole, un eccesso di zelo nei confronti di una falsa natura o di una natura addomesticata. Rephisti conclude: “«Hi-tech per eccitare, “falso in stile” per sedare», scriveva Cino Zucchi, espressioni alle quali oggi potremmo aggiungere «green per “sanare”» i complessi di colpa e la volgarità attuale. Per ora nulla di più.”
Saluti,
Salvatore D’Agostino
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ciao Salvatore
in merito al tuo post, io penso che un progetto di architettura vada valutato indipendentemente dall’architetto e dalle sue personali miserie.
Ti do ragione sul fatto che questa architettura sia “green” solo in apparenza ma, del resto, anche il paesaggio toscano è naturale solo in apparenza;in questo senso sono figli della stessa cultura.
Ho ritenuto di inserire questo progetto perchè, nell’ambito della mia personale ricerca su cibo e territorio appariva come un interessante esempio di mimesi natura-artificio. Inoltre ho molto apprezzato lo studio delle luci nella reinterpretazione della cantina-grotta.
a presto
Barbara
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Tanks Micheal
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Barbara,
sono d’accordo l’architettura va letta nella sua matericità.
Saluti,
Salvatore D’Agostino
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Che il paesaggio Toscano sia naturale in apparenza è davvero una affermazione singolare, e che cosa sarebbe? Innaturale? Se il rapporto tra paesaggio e uomo è stretto, cioè sentito e collaborante, sinergico e amato, significa che si perde la naturalità dello stesso oppure se ne infici la peculiarità ecc… Non mi sembra una affermazione chiara sulla realtà e autenticità del paesaggio toscano.
Se in Toscana il rapporto tra ambiente e uomo è di quelli dove il rispetto è reciproco o coadiuvante, non è un sintomo di poca naturalità ma di evoluzione del rapporto organico tra uomo e ambiente… grazie a Dio.
Un rapporto di quelli da capire entrandoci dentro, divulgandone il carattere.
Per quanto concerne l’architettura di Casamonti inserita nel paesaggio Toscano, si potrebbe dire che non è inserita, ma occultata, infilata nello stesso. Ammesso che possa esistere oggi una architettura dello spazio racchiuso, come ai tempi dei templi egiziani e giù di lì… si può peraltro argomentare che sia comprensibile che un toscano si infili dentro il suo paesaggio rispettandolo come un Dio verde e ad esso subordini ogni lessico manierato dello spazio interno. Casamonti è ieratico nella sua visione dell’architettura… và all’interno in campo aperto si direbbe…cioè sacrifica alla maestà del paesaggio… E’ uno dei formalismi tipici e caratteriali della cultura toscana di oggi dell’esagerato perbenino perbenone, e insieme dell’ esal
tazione di un mito ambientale, del vino e della vigna, invece che cavalcarlo rispondendo a tono, cioè in dialogo sincero con l’architettura e l’organicità dello spazio territoriale come io avrei preferito, pur essendo anch’io toscano.
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[…] Cantine Antinori February 2009 6 comments LikeBe the first to like this post. […]
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