Growroom by IKEA

All’interno di Space10, il laboratorio di ricerca di IKEA a Copenhagen in cui si sperimentano quelle che saranno le tendenze per il living del futuro, è nato Growroom; un elemento di arredo componibile (come nello stile dell’azienda svedese) e montabile in autonomia (Il manuale può essere scaricato gratuitamente dal sito di Space10).

Growroom (come suggerisce il nome) è una sorta di stanza per crescere, una sfera in legno naturale alta meno di tre metri, e a crescere, in questo caso, sono piante aromatiche e verdure.

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«Il vantaggio è che permette di coltivare gli ortaggi dentro la propria abitazione in maniera sana e sostenibile» spiegano i designer che hanno portato avanti il progetto. Un notevole passo in avanti in termini economici, di salute e di impatto ambientale.

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Un orto dunque, ma anche uno straordinario esempio di design, risultato della collaborazione di artisti, tecnici e creativi da tutto il mondo.

Composto da 17 pezzi di compensato, Growroom, si può montare in maniera facile e veloce: bastano un martello, 500 viti di acciaio e una fresatrice o, come nell’ultima versione presentata, costituita da uno scheletro completamente in legno e non include parti di metallo e il montaggio avviene per incastro.

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Nessun impatto ambientale e prodotti freschi e sani, questo il  concetto alla base del progetto: «Il cibo deve essere consumato dove viene prodotto, è un modello alternativo al commercio mondiale di questi anni. Vogliamo aiutare a diminuire i chilometri percorsi dalle materie prime, riducendo l’impatto sull’ambiente e insegnando ai bambini da dove arriva quello che mangiano» .

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food design al fuorisalone

Piccole architetture da gustare e ricette della tradizione che si rifanno il look. Fatevi solleticare il palato da quattro progetti di food design visti al Fuorisalone 2017

 Testo Luca Trombetta 

«Il cibo per me è un’esperienza tattile con la lingua», dice Matteo Cibic. È uno dei sette designer che durante il Fuorisalone 2017 sono stati invitati dallo chef Marco Ambrosino del bistrot 28 Posti di Milano (via Corsico 1) a cimentarsi ai fornelli per il progetto “Designer in Cucina @ 28 Posti”. Insieme a lui, Eligo StudioDiego Grandi, Maddalena Casadei in coppia con Marialaura Rossiello Irvine e Cristina Celestino. Dal 4 al 9 aprile hanno presentato ogni sera un piatto diverso, calibrando sapori ed estetica, con un’attenzione particolare a proporzioni, colori e consistenze. Ma gli ingredienti erano gli stessi per tutti: ostrica, cavolo cappuccio, finocchietto selvatico e ravanello. Sembra che una delle ricette più apprezzate sia stata quella degli EligoAcquario, a base di spaghetti di daikon in brodo. Cibic invece ha proposto Crick pluf fresh, un toast di cavolo con battuto di ostriche e finocchietto fresco. Grandi che vede la cucina come «un atto generoso da condividere su una lunghissima tavola», ha cucinato Dalla terra al mare, un piatto ottenuto da un trito finissimo di tutti gli ingredienti. Il tempo è stato l’ingrediente segreto di Celestino – «tempo per preparare e per assaporare» – che ha creato Ostregheta, l’illusione di una finta ostrica. Per finire Chiaiolella di Casadei e Irvine, una raffinata composizione di dischi di ravanello e cavolo cappuccio fritto.

Un’operazione simile è andata in scena al ristorante Rigolo (via Solferino, ang. Largo Treves, Milano) dove il titolare, Renato Simoncini, e Fabio Calandri, direttore creativo di We R Food («una piattaforma dedicata alla ristorazione, creata per reinventare la convivialità e giocare con il potere comunicativo del buon cibo») hanno chiamato a raccolta altri quattro designer italiani per dare un nuovo look alle proposte culinarie dello chef selezionate ad hoc per la design week. Ecco allora We R Food for Rigolo: la Caprese di mozzarella di bufala disegnata da Vito Nesta, il Risotto alla milanese rielaborato da Elena Salmistraro con un crouton di Parmigiano Reggiano, il Filetto di manzo alle erbe provenzali di Martinelli Venezia e, non ultimo, il Tiramisù reinventato dal duo Zanellato/Bortotto. Una fresca interpretazione di un menu della tradizione meneghina servito su una tavola vestita per l’occasione da un progetto grafico di Studio Milo.

 

 

Dalle cucine dei ristoranti ai laboratori dell’università. Si è parlato di cucina anche al Salone Satellite, che quest’anno ha festeggiato i suoi primi 20 anni. Presso lo stand dell’ECAL (Ecole Cantonale d’Art de Lausanne), Carolien Niebling, fresca di Master in Product Design, ha presentato un progetto di ricerca sulla ‘salsiccia del futuro’, un pretesto per discutere di consumi alimentari alternativi. «Secondo i dati della FAO, andremo incontro a una grave carenza di alimenti ricchi di proteine», ha dichiarato. «La carne, in particolare, scarseggerà. E il motivo è un eccessivo consumo di prodotti di origine animale. Quindi, mi sono chiesta se le salsicce, questo alimento base della cucina mitteleuropea, possano in qualche modo fornire una soluzione». La designer ha portato in mostra una serie di ‘salsicce innovative’ che ha creato insieme al macellaio olandese Herman ter Weele e allo chef Gabriel Serero di Losanna. «Ho trattato la salsiccia come qualsiasi altro oggetto di design. Ho scelto ingredienti alternativi per i loro valori nutritivi, il loro gusto o solo perché sono affascinanti». Un esempio? Il salame di frutta. Questa e le altre ricette sono raccolte nel volume The Future Sausage che uscirà a breve, da ordinare su thefuturesausage.com.

Infine un progetto che non è intervenuto direttamente sul cibo, quanto sul modo di fruirne. Si chiama Origami Italiani, un’idea di Chef Rubio e del designer Filippo Protasoni che insieme hanno firmato un nuovo sistema integrato di prodotto, packaging e comunicazione pensato per la vendita e il trasporto della pasta fresca. Negli spazi di Pasta d’Autore, ristorante/laboratorio a conduzione familiare (via Cesare Correnti 7), i due hanno organizzato una serie di laboratori di cucina in cui, oltre a “mettere le mani in pasta”, il pubblico ha potuto costruire da solo la propria confezione di tortelli. «Dal foglio di pasta al foglio di carta, il passo è stato breve», scherza Protasoni che ha dato forma a un packaging innovativo pensando non solo all’utente, ma anche al produttore. «Ho immaginato un block-notes gigante da tenere direttamente in cucina. La scatola, che può essere customizzata con la grafica del ristorante, è veloce da realizzare: basta piegare il foglio lungo le linee guida (da qui il nome Origami) e in poche mosse si crea una confezione più agile ed economica rispetto a quelle in commercio. Oltretutto può essere un’idea regalo alternativa alla classica bottiglia di vino». Che resta da dire se non buon appetito?